Annuccia, la scecca e la pudditra
Ad Alia ho vissuto fino all’età di 7 anni, ma tantissimi sono i ricordi che cerco di tenere sempre vivi, perché è stato il più bel periodo della mia vita, con quel niente e quel tantissimo che avevo.
Io non sono nata in una casa con la “cammara”, in una così è nata mia sorella Rosellina, la primogenita. Prima che la mia famiglia si arricchisse della mia presenza, i miei genitori si sono trasferiti in una “pagghialora” di proprietà della mamma. Così la pagghialora è diventata la nostra casa.
Si trovava in una rientranza di via Paolo Balsamo, dove veniva a formare un cortile che era il mio mondo. La casa dalle bianche pareti piene di buchi e bitorzoli per me era bellissima.
Era il moderno monolocale, con la zona pranzo e cucina, la zona notte, il solaio, e divisa da una tenda, dalla botte e dagli attrezzi agricoli c’era anche la stalla. Lì, la notte, vivevano le galline messe nella stia, la capra con la capretta quando c’erano, e l’asina. L’asina c’era sempre, era cura mia e di mia sorella Rosellina svuotare il pozzetto della raccolta liquida della stalla e papà provvedeva a quella solida, che caricava sull’asina e portava in campagna per usarla come concime.
Data la promiscuità dell’ambiente, vari erano gli odori. Si andava dal borotalco per noi bambine, al vino o mosto, secondo la stagione, dal profumo del pane infornato, all’odore degli umori dell’asina, dalla legna bruciata, all’odore proveniente dalla stia.
L’asina figliava spesso e le persone venivano da noi per averne il latte, in sostituzione di quello materno. La mamma non sapeva mungere l’asina, ma io si, così ero io che soddisfacevo le richieste.br /> Avevo un bel rapporto sia con l’asina che con la pudditra e anche a me piaceva il latte dell’asina, così la mamma mi dava un bicchiere per mungerlo e berlo.
L’asina e la figlia non facevano mai obiezioni, non scalciavano, non si innervosivano, avevano tanta pazienza con quella cosina che, avendo meno di 4 anni, stava diritta sotto la pancia dell’asina. Sembrava proprio che mi avessero adottata.
Ma un giorno, credendo di non fare niente di male, mentre ero sotto la pancia dell’asina, la mamma, affacciatasi alla porta di casa, vide me attaccata, con una mano, alla mammella dell’asina e con l’altra al collo della pudditra, per condividere con essa il latte dell’asina. Per un attimo rimase incredula finchè non le uscì dalla gola un urlo isterico: ”Annucciaaaaa”!!!
Ma, in fondo, cosa stavo facendo di male? Io il bicchiere l’avevo………… in mano.
Anna Ditta
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