IL SOGNO DI CATERINA-PARTE V^-
PARTE V^
Poi aveva cercato di porre la propria attenzione sulla statura, normale, della giovane, sul bel colore ambrato della sua pelle e sui suoi capelli scuri, lievemente ondulati che, ormai per vecchia abitudine, Caterina continuava a portare raccolti a chignon sulla nuca. Così era giunto alla conclusione che, se fosse stata più magra, Caterina sarebbe stata una donna gradevole, non meno di tante altre che aveva conosciuto ed amato.
A Bruno era sembrato di cogliere un’incrinatura di insofferenza nella voce della vecchia zia cosicché non era più tornato su quell’argomento anche se aveva mantenuto la propria convinzione che, al di là degli anni vissuti accanto alla signora Gastaldi, quella finezza nel comportamento di Caterina era un qualcosa che apparteneva soltanto a lei e che forse, gli piaceva immaginare, aveva ereditato dai suoi sciagurati genitori.
Nonostante i propri sensi di colpa consapevole di sfruttare la buona fede di Caterina sposandola per averne in cambio la casa, e nonostante i propri sentimenti di incomprensibile inadeguatezza che avvertiva quando si trovava con lei, infine aveva dichiarato a Caterina la propria intenzione di sposarla. Prima aveva confidato a zia Giacomina cosa lo avesse spinto a quel passo: pensava di affezionarsi alla giovane ma sarebbe stato prematuro per lui affermare che intendeva sposarla perché innamorato. Dopo aver fatto proprie le esortazioni della zia, Bruno aveva confidato all’anziana donna di aver fatto dei calcoli economici: lui, stanco di viaggiare, avrebbe avuto la sua pensione e Caterina aveva la casa ed il guadagno del suo lavoro, questo avrebbe consentito loro di vivere sereni, e poi, aveva aggiunto di essere sicuro che, se avesse perduto alcuni chili, Caterina sarebbe diventata più gradevole.
Sorpresa che potesse accadere anche a lei di sposarsi, Caterina aveva accettato l’offerta senza porsi tanti problemi: per lei tutto era nuovo, le attenzioni di quell’uomo che la paragonava ad una bellezza esotica, i discorsi sulla loro vita futura, i propri pensieri intimi sul matrimonio, sui figli da cullare, stringere, coccolare e poi la grande avventura iniziata con le passeggiate sulla piazzetta: la possibilità di solcare i mari che le avevano portato quell’uomo che dimenticava le sue origini di trovatella e le prometteva di condurla con sé in giro per il mondo!
Quando Caterina aveva acconsentito a sposare Bruno ed a seguirlo già sin dal suo prossimo viaggio, Giacomina le aveva ricordato che, per evitare di perdere il possesso prossimo, della casa, avrebbe dovuto aspettare altri due anni prima di potersi sposare, ma Caterina, ormai proiettata in un’altra vita, aveva deciso di raggirare la volontà della defunta:
Il boato fece vibrare la nave e Caterina si ritrovò a terra, sbalordita, nel momento in cui la voce concitata del capitano richiamava all’attenzione :
Caterina si alzò da terra con difficoltà perché non riusciva a reggersi in piedi; udì delle grida, si guardò attorno e vide altre donne sul ponte della nave che le correvano incontro ma poi si rese conto che guardavano lontano, si voltò anche lei da quella parte e vide alcuni marinai intenti chi a liberare le scialuppe chi a calarle in mare; le grida rimbombavano nelle orecchie di Caterina che ammutolita e disperata guardava attorno a sé alla ricerca di Bruno.
" Presto a mare, buttatevi, presto." gridavano tutti.
All’improvviso qualcuno, con forza, la spinse al di fuori della nave e lei, dopo aver annaspato per l’aria si ritrovò in acqua:" Perché mi hanno buttato, io non so nuotare!"
Annaspò disperatamente per mantenere la testa fuori dall’acqua e per attirare l’attenzione di Bruno che vedeva così vicino ed al sicuro su quella scialuppa ormai carica di persone, affiancata da altre scialuppe da dove provenivano urla che le giungevano attutite dall’acqua che ormai aveva invaso anche le sue orecchie:
" Perché non mi aiutano? "
Disperata alzò le mani per farsi vedere ma immaginò che né Bruno né alcuno degli altri uomini volesse aiutarla; i suoi occhi bruciati dalla salsedine e velati dalle lacrime le impedivano di vedere la disperazione di Bruno e gli sforzi fatti dagli altri uomini per raggiungerla e quando un marinaio giovane e forte, sorretto dai suoi compagni, si protese fuori dalla barca reggendo un remo al quale erano tutti sicuri che Caterina si sarebbe facilmente attaccata, lei, ormai scoraggiata ed impaurita, temette che quello volesse colpirla per farla affogare e, dato un energico colpo all’indietro con la testa, si allontanò ancor più dalla scialuppa mentre una nuova onda la nascondeva agli occhi di tutti.
Priva di forze Caterina decise che non serviva a nulla continuare a lottare per sopravvivere, del resto era sola e sarebbe stata sempre sola perché nessuno le voleva bene, nessuno le aveva mai voluto bene nemmeno sua madre che l’aveva messa al mondo!
In rapida sequenza tornarono alla sua mente i ricordi della sua camera, i sogni fatti dietro le imposte quando immaginava di andare per mare, su quella strada che unisce il mondo in un grande abbraccio, ed ora che il mare abbracciava lei il resto, al di fuori di quello, non le importava più: tutto le era così lontano!
In un sordido bar di una sordida stradina che portava al porto di Fort de France, laddove prostitute non più giovani, per pochi soldi accontentavano i marinai lontani dalle loro donne, un alto grido arrochito ed il rumore di un bicchiere caduto a terra attirarono l’attenzione dei presenti verso il lato più oscuro della sala.
Colei che da ragazza, per un amore sbagliato, aveva buttato via la sua bellezza, la vecchia Celeste, così bella in gioventù da poter conquistare il mondo, era protesa lungo un tavolino nell’inutile tentativo di fermare il bicchiere che caduto a terra spandeva il liquido giallastro di un rum puzzolente, ed intanto, con la mano destra poggiata sul cuore, sembrava voler carezzare un fazzoletto nel quale, da anni, custodiva con amarezza, un quadrato di stoffa di lana, ritagliato da una copertina bianca.
Claudia Lo Blundo