MARITI E PADRI-PADRONI

Radici & Civiltà

REPORTER REPORTER Pubblicato il 06/12/2005
<b> MARITI E PADRI-PADRONI </b>

MARITI E PADRI-PADRONI


tratto da GIORNI VISSUTI COME SE FOSSERO ANNI di Liborio Guccione, giornalista e scrittore aliese, che ambienta tale sua opera nel paese natìo degli anni ’30 -’40.
Per la gentile concessione alla divulgazione telematica del libro, si ringraziano sia gli Eredi dell’Autore sia l’Amministrazione comunale di Alia, che nel 1997 ne ha curato la prima edizione.


Così erano mariti-padroni e anche padri-padroni. Perché «mazziavanu» anche i figli. Tornavano dalla campagna dove avevano vissuto magari una settimana, quindici giorni, soli, e anziché tornare con la smania gioiosa di rivedere la moglie e i figli, scendevano da cavallo bestemmiando, imprecando, e per annunciare il loro pessimo umore, per prima cosa picchiavano la mula che poverina non aveva né colpa né peccato. Ma era quello il segnale per mogli e figli. E la moglie si faceva subito interprete di quell'umore intollerante, e richiamava l'attenzione dei figli: «picciriddi; stati buoni ca vostru patri arrivà; mi raccumannu!».

Allora i figli, che magari avevano atteso con gioia l'arrivo del padre, si chetavano, diventavano muti, si muovevano con circospezione, parlavano a voce bassa... Ecco, il primo impatto col genitore era all'insegna della severità dello sguardo, dell' arroganza, del dispotismo: dunque il padre-paura il quale credeva che l'educazione dei figli dipendesse dal grado di paura che egli fosse capace di incutere. Rientrava in questo concetto «pedagogico» anche l'idea che i figli non si dovessero baciare, perché il bacio era segno di debolezza di cui avrebbero potuto approfittare i figli. «Timpuluna» «cauci» e «cinghiate» erano i mezzi idonei per farli crescere educati e timorosi dell' autorità del padre!

Ma è sufficiente inquadrare tale comportamento chiamando in causa l'autorità, o almeno soltanto questa ragione? O non anche quella sua vita in solitudine nella campagna deserta, senza altri interlocutori che gli animali, il tempo inclemente che spesso ostacolava i lavori, costringendolo all'inoperosità, o a lavorare sotto l'imperversare della pioggia, e sotto il vento sferzante e gelido o al caldo afoso?! E le innumerevoli rinunce, l'essere condannato a quel forzato isolamento... Potevano tutte queste incidenze contribuire a rendere l'uomo indisponibile, intollerante, sino alla brutalità verso la moglie e i figli? Certamente sì.

Ma i risultati erano fortemente negativi nel clima generale della famiglia: la moglie cessava di essere la compagna della vita dell'uomo per divenire la schiava ed egli il padrone, il despota, l'essere a cui si doveva obbedienza. E i figli crescevano nel clima della paura, nel timore costante; per cui la loro personalità restava schiacciata, annullata.

È inutile dire che si trattava di casi eccezionali, ma che turbavano la società la quale, per altro, era impotente, non era capace di dare un suo contributo costruttivo. Allora si chiudeva.in sé stessa, a riccio: ognuno si faceva i fatti propri. La società, di fronte a tanta brutalità, poteva offrire soltanto la sua solidarietà muta.

Francesco forse menava Jola perché avvertiva una sua certa inferiorità rispetto a quella donna, vissuta in un ambiente diverso, più avanzato. C'era, certamente, una distanza incalcolabile tra lui e lei, una distanza che Francesco avvertiva, ma non era capace di colmare. Allora la saltava a piè pari, picchiando Jola, bestemmiandole in faccia in modo da terrorizzarla e farle accettare quello che lei nel suo animo, col suo silenzio aveva già respinto. Ed egli così trionfava, si sentiva forte: «masculu», in una parola. In quell' epoca questi casi erano sulla bocca di tutti: tutti sapevano, giudicavano, ma tacevano.

Oggi la brutalità all'interno della famiglia è, per così dire, più raffinata, più sottile, nascosta, subdola: il marito brutale, prevaricatore, il padre stupratore della figlia, del figlio oltre che brutale per altri versi, c'è ancora, anzi pare che i casi si moltiplichino sempre più.

E si scopre che non sono più i pochi villani ignoranti e incivili, ma persone raffinate (si fa per dire!), laureate; gente apparentemente rispettabile, quando vive in ufficio o quando staziona nei salotti; ma brutale, dispotica dentro le mura domestiche, con la moglie e con i figli. La differenza la brutalità di ieri e quella d'oggi, è che oggi c'è il telefono azzurro, verde... e non so bene che altro colore, mediante il quale la moglie può denunciare le brutalità del marito, e perfino i figli vi possono fare ricorso, sino a giungere alla ricusazione dei genitori brutali.

Ma la conclusione tra l'ieri e l'oggi è uguale: l'uomo spesso si è rivelato e si rivela un povero, meschino essere. Per dirla con Vittorio Hugo: l'uomo è un laido bruco che si osserva col microscopio solare.
E inutilmente egli blatera ai quattro venti di Umanità per mondarsi della sua disumanità. I principi che si ispirano alla Grande Umanità e che avevano fatto crescere l'uomo, distinguendolo dal ceppo bestiale, oggigiorno si vanno sempre più rimpicciolendo: non sono più un punto d'arrivo della crescita civile dell'uomo, ma un punto dal quale egli si allontana.




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