Padre Damiano Barcellona - I -

Radici & Civiltà

REPORTER REPORTER Pubblicato il 12/08/2006
<b>Padre Damiano Barcellona</b>      - I -

Padre Damiano Barcellona - I -



IL “SUO” EPISTOLARIO




Dalla relazione di presentazione di don Paolo Iovino dell’Opera “Epistolario 1935 -1987”, da lui stesso curata:



Il presente Epistolario non avrebbe mai visto la luce se non ci fosse stata l'iniziativa di un gruppo di persone legate alla figura sacerdotale di padre Damiano da vincoli di affetto, oltre che di stima e di personale gratitudine per la sua attività sacerdotale e, in particolare, per la sua direzione spirituale. Hanno cominciato a contattarmi invitandomi a prendere visione delle sue lettere spirituali da loro custodite come autentici tesori. Ponendosi nell'ottica della parabola evangelica, avvertivano la necessità di non tenere solo per sé quei tesori, ma di condividerli con altri, perché il frutto che esse ne avevano tratto ridondasse a servizio della Chiesa santa di Dio. A tale scopo interpellavano, con generosa fiducia, la mia mediazione sacerdotale. La prima reazione di chi vi parla fu di meraviglia per una proposta che si imponeva per autentico spirito di fede e di rinunzia personale in vista di un dono di amore.

Quella meraviglia iniziale si tramutò presto in "stupore", quando cominciai ad immergermi nella lettura di quelle lettere. Vi riconobbi subito le orme del misterioso passaggio di Dio nella vita di coloro che si pongono alla ricerca del Suo volto. Man mano che procedevo nella lettura, sgorgava dal mio intimo l'inno di lode a Dio, e cresceva in me la gratitudine per quelle persone che mi stavano consentendo l'accesso a quei loro personali "tesori". Ora ero in grado di misurare la grandezza del loro sacrificio/rinunzia e della forza/dono insita in quel gesto di amore. In base alla mia personale risonanza, potevo anche rendermi conto del beneficio che ne avrebbero tratto altri nuovi lettori/destinatari.


È opportuno ricordare che la presente pubblicazione è stata concordata con gli interessati nei minimi particolari, apportando i necessari ritocchi che ne garantissero, per quanto possibile, anonimato e riservatezza. Aggiungo, a tal proposito, che essi stessi hanno voluto aprire occasionali "spiragli" su detta riservatezza, con umiltà e libertà interiore. Preciso, infine, che trattasi di persone quasi tutte viventi, la cui diversificata connotazione ecclesiale, in quanto sacerdoti, consacrati e laici, consente l'accesso a uno spettro molto ampio delle linee di guida spirituale seguite da padre Barcellona. La sua capacità di penetrare nell'interiorità del credente gli consente di rivolgere una parola appropriata al cuore di ognuno.



Impostazione dell'Epistolario


Il titolo di "Epistolario" si è imposto subito da solo per il voluto accostamento alla figura di S. Basilio, che padre Barcellona ha assunto come modello di riferimento del suo stesso sacerdozio, e la cui opera principale, appunto "Epistolario" fu oggetto privilegiato della sua ricerca di studioso. Ben più faticosa è stata la scelta della impostazione da dare al presente "Epistolario", partendo dai blocchi di lettere (più di un centinaio) che ci erano pervenute. Ci è subito apparso evidente che la loro pubblicazione andava inserita nel più ampio contesto dalla presentazione della figura del loro mittente. Bisognava accennare ad alcuni tratti della sua personalità e delle connesse relazionalità, della sua formazione culturale, della sua attività sacerdotale in diocesi e fuori. Andava così emergendo un profilo di tipo storico-biografico, attento alle coordinate spazio-temporali e idoneo alla presentazione di un presbitero che, per la sua parte, aveva contribuito alla definizione del volto della nostra chiesa locale nell'arco del secolo scorso, quasi interamente attraversato dalla sua esistenza terrena (1913-2002). Tuttavia, accanto a detto profilo storico-biografico, dalla lettura dell'Epistolario, emergeva con forza la delineazione di un altro profilo ben più completo, quello del "padre spirituale". Abbiamo, così, deciso di dedicare al primo profilo uno spazio non dominante né esclusivo, ma in qualche modo funzionale al secondo, verso cui intendiamo invece orientare la nostra attenzione.


Per completare la narratio della genesi di questo epistolario, non posso nascondervi l'ultima, forse più grave difficoltà che io e quel gruppo di persone abbiamo dovuto affrontare. Si trattava di risolvere un pesante dilemma: padre Barcellona - ci chiedevamo - con il suo carattere schivo e la sua profonda umiltà, avrebbe gradito la nostra iniziativa? La prima risposta fu un forte e deciso diniego. Ma quando, rientrati in noi stessi, abbiamo implorato dallo Spirito il dono di un retto discernimento, poco per volta ci siamo aperti a una possibile risposta affermativa, guidati e sorretti da una parola illuminante appartenente al linguaggio paolino e consegnataci da Luca a chiusura degli Atti, come un testamento e un invito a seguire l'esempio del grande apostolo: «Paolo (prigioniero) insegnava con tutta franchezza (parrêsia)». Parrêsia indica, oltre alla franchezza, la libertà, il coraggio, la forza di "dire tutto" il vangelo di Dio, in ogni circostanza favorevole o avversa e superando ogni tipo di difficoltà esteriore e interiore. Ciò è reso possibile dall'assimilazione piena tra Vangelo e evangelizzatore e da una disponibiltà senza riserve alla guida dello Spirito che ne orienta il cammino. Il risultato è, allora, il compimento del divino volere: «Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare […], così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza avere operato ciò che desidero e senza avere compiuto ciò per cui l'ho mandata» (Is 55,10-11).


Anche Paolo, in un momento cruciale della sua vita, dovette superare un angoscioso dilemma, combattuto com'era tra «il desiderio di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo», e la necessità di «rimanere» per il bene dei suoi figli. Poté uscire dal dubbio solo quando la fedeltà alla parrêsia della sua missione lo indusse a fissare lo sguardo su Cristo-Servo. Capì che il suo compito apostolico si poneva in linea di continuità con la testimonianza di Colui che si era fatto servo obbediente per amore. Non ebbe più alcuna esitazione: «Per conto mio, sono convinto che resterò e continuerò ad essere d'aiuto a voi tutti, per il progresso e la gioia della vostra fede, perché il vostro vanto, nei miei riguardi, cresca sempre più in Cristo» (Fil 1,23-26).


Sulla scia della testimonianza paolina, anche noi risolvemmo d'incanto il nostro dilemma. Comprendemmo che potevamo esser fedeli alla parrêsia evangelica senza ferire in alcun modo l'umiltà di padre Damiano, se ci impegnavamo ad operare - come lui stesso aveva insegnato -ad majorem Dei gloriam. In fondo - ci siamo anche detti - egli ha vissuto la sua vita sacerdotale «a lode della sua gloria» (eis epainon tês doxês autou), come ci esorta la Lettera agli Efesini. E anche ora, che è posto dinanzi al volto di Dio, non è forse il medesimo atteggiamento che nutre la sua contemplazione? Le sue lettere spirituali - abbiamo deciso - poste a servizio di ogni credente, avrebbero consentito il suo "permanere" tra noi, come quelle di Paolo in seno alle sue comunità.




Segue seconda parte


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Nella foto, la copertina dell’Opera.




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