MODERNISSIMO FRANCESCO

Radici & Civiltà

FANTASIA ANTONIO FANTASIA ANTONIO Pubblicato il 23/01/2007
<b>MODERNISSIMO FRANCESCO</b>

MODERNISSIMO FRANCESCO


Contributo di ricerca fatta da Antonio Fantasia su “Famiglia cristiana online” nr.52



È il santo del futuro, dice la regista Liliana Cavani, che gli ha dedicato due film. «È talmente nuovo da essere inattuale: noi non siamo ancora pronti per capirlo fino in fondo».

Francesco, il poverello d’Assisi, il giullare di Dio, la cui festa è il 4 ottobre, tra i santi è una delle figure più popolari, amate e "raccontate".

Dalle Fonti francescane ai celeberrimi affreschi di Giotto, dai Fioretti alle innumerevoli biografie romanzate, ai film, tutti hanno provato a raccontarci il "loro" Francesco. Tra i registi che si sono occupati della sua straordinaria vicenda, Rossellini, Zeffirelli e soprattutto Liliana Cavani, che nel 1966 girò un’essenziale Francesco d’Assisi in bianco e nero (pellicola attualmente in restauro presso l’istituto Luce), e nel 1989 Francesco con Mickey Rourke.


Dottoressa Cavani, chi è san Francesco per lei oggi?

«Francesco è un uomo che si prende delle responsabilità verso le persone che incontra, prova simpatia, compassione, interesse, amore. Francesco d’Assisi era uno che viveva il Vangelo alla lettera, in modo totale e ingenuo, così come ciascuno di noi ha il suo modo di interpretare il Vangelo, di vivere questa chiamata, questo incontro».

Quindi per lei san Francesco rimanda al Vangelo?

«Sì, ognuno può ricevere da lui uno stimolo a seguire il Vangelo in modo personale. La caratteristica di Francesco è che non riduce il Vangelo a un arzigogolo intellettualistico, a una dimostrazione di sé e nemmeno a una notizia da comunicare al mondo: Francesco non fa il comunicatore. Sono gli altri, i suoi discepoli che lo vanno a cercare, non lui che li insegue».

Francesco è stato una figura interpretata da tutti: film, biografie, romanzi. Ma qual è il vero poverello?

«Per preparare i miei film mi sono riferita solo alle Fonti francescane. I libri che escono oggi e si moltiplicano sono utili più per chi li scrive che per chi legge. Raccontano, infatti, l’esperienza personale dell’autore, come potrebbe fare chiunque vada ad Assisi e poi racconti a qualcun altro il suo approccio personale alla figura del santo».

Quale episodio ama di più della vita di san Francesco?

«Gli episodi sono molti, ma in tutti amo la visione che Francesco ha delle cose. Come quando, ritiratosi dalla vita dell’Ordine, dice ad Elia da Cortona: "Se tu anche finissi all’inferno, io ti vorrei bene lo stesso!". Elia da Cortona era, per così dire, il manager dell’Ordine, colui che fece erigere la grande basilica di Assisi sul corpo di un uomo come Francesco, che invece avrebbe voluto essere sepolto in campagna, nella nuda terra. Mi piace molto questa contrapposizione tra l’anonimato di Francesco e la pubblicizzazione della sua santità».

A La Verna Francesco soffriva e piangeva per l’incomprensione della Regola da parte dei suoi frati. Fu per lui un vero dramma spirituale...

«Non era un personaggio tragico ma un saggio, e come tutti i veri sapienti non era neppure troppo cosciente di esserlo, non se ne vantava, anzi manteneva uno stile di "leggerezza". Francesco d’Assisi non ha calpestato il mondo ma lo ha appena sfiorato. A La Verna, poi, ha esercitato, oltre alla saggezza, una grande pazienza con gli organizzatori dell’Ordine, anche se lui vedeva più in là di essi e dei loro limiti».

Dopo due film su di lui come racconterebbe san Francesco ai giovani?

«Io penso che sia sempre stato inattuale; o meglio, la sua attualità è ancora di là da venire; quindi Francesco è sempre moderno proprio perché inattuale. La sua è un’attualità così poetica da essere inafferrabile».

Qual è il luogo di san Francesco che lei ama di più?

«Sono stata solo alla Porziuncola qualche anno fa. Devo dire la verità: l’idea che quella piccola chiesa fosse sovrastata da una più grande come Santa Maria degli Angeli mi infastidiva. Ma nonostante tutto è così particolare quel luogo da avermi profondamente colpito. Uscendo da Santa Maria degli Angeli ho incontrato quattro ragazze, tre con uno strano saio e una vestita di jeans. "Chi siete?", ho chiesto loro. "Siamo le piccole sorelle di san Francesco". Ho saputo poi che la ragazza senza saio era una novizia, e che le "sorelle" avevano base a Gubbio, ed erano un centinaio in tutto, sparse in Italia del Sud, particolarmente in Sicilia. Mi sono detta: "Ecco, allora Francesco colpisce ancora!". La loro reazione, quando mi sono fatta riconoscere, è stata inaspettata: ancora un po’ e avrebbero voluto baciarmi perché il mio Francesco, quello del 1989 con Mickey Rourke, era stato per loro fonte di ispirazione».

Nel suo primo film, invece, chi era l’attore che interpretava Francesco?

«Uno stupendo Lou Castel, carico di una grande energia interiore di cui forse neppure lui si rendeva bene conto».

Cosa rappresenta santa Chiara nell’universo di Francesco?

«Francesco è il cavaliere gentiluomo che parla della donna con estrema delicatezza, come i poeti stilnovisti, e che si dimostra all’avanguardia nell’uso della lingua volgare. Chiara è una compagna d’avventura, che condivide le sue idee e le sviluppa. Non ho mai pensato che Chiara volesse creare un nuovo Ordine che la separasse dalla durezza della vita di quei tempi, in cui le donne subivano soprusi per le strade. La durezza della Regola di Chiara, vissuta al di là del muro del convento, penso che sia stata per lei un modo di condividere la vita di chi stava al di là di quelle mura, nel mondo, a subirne le sventure e le durezze. Papa Onorio III stimava molto Chiara e le chiese di addolcire la sua Regola, ma Chiara non volle e il Papa infine ne approvò il testo. Chiara dimostrò così di essere rimasta fedele al suo Francesco, all’avventura spirituale vissuta insieme».



Alfredo Tradigo


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