Diario del concilio - (1960/1966) -

Radici & Civiltà

AIOSA CLARA AIOSA CLARA Pubblicato il 28/02/2007
<b>Diario del concilio - (1960/1966) -</b>

Diario del concilio - (1960/1966) -


Recensione del libro di CONGAR Yves, Diario del Concilio 1960-1963, 1964-1966 vol.I-II, Ed. San Paolo, Cinisello Balsamo, 2005.



Quanti hanno vissuto il concilio e quanti non l’hanno vissuto, nel Diario del Concilio di Congar, possono certamente rivivere l’evento conciliare, i giorni della sua celebrazione, le sue dinamiche, i suoi momenti esaltanti ma anche le fasi controverse, i momenti di frizione, pure inevitabili, così come uno dei maggiori esperti del concilio li ha vissuti direttamente.

Il prezioso lavoro di Congar, presentato in elegante cofanetto, è composto di due volumi; il primo raccoglie il diario degli anni 1960-1963; il secondo quello degli anni 1964-1966,. Il secondo volume contiene un’ampia appendice riguardante le date di riferimento del concilio, la partecipazione di padre Congar all’elaborazione degli schemi conciliari, il complesso delle riunioni alle quali Congar partecipò durante il periodo preparatorio, le sessioni e le intersessioni del concilio in vista dell’elaborazione dei diversi schemi, e la partecipazione di padre Congar ai “laboratori” organizzati dall’episcopato francese durante le sessioni conciliari. Alcune pagine offrono indicazioni circa i titoli latini utilizzati da padre Congar per gli schemi preparatori e alcuni dei loro capitoli, cui seguono le denominazioni abituali delle commissioni così come vengono riportate nel Diario. Chiude il volume un glossario sui termini tecnici conciliari, sulle espressioni latine o straniere, sulle istituzioni ecclesiali e sui vari termini e una tavola sulle principali opere di padre Congar, in ordine cronologico, ricordate nel Diario.

Già negli stessi anni 1963-1966, le Edizioni Du Cerf avevano pubblicato in francese Le concile au jour le jour di Congar in quattro volumi, che costituiscono le cronache del concilio. Ora, Il Diario del concilio, vede la luce rispettando la precisa volontà di padre Congar il quale esplicitamente aveva chiesto che il suo Diario fosse pubblicato dopo il 2000. Le stesse Editions Du Cerf, pubblicano gli scritti di Congar dal titolo Mon Journal du Concile I e II, nel 2002.

Il testo in italiano del Diario del concilio si basa sul manoscritto, dattiloscritto, riletto, corretto e firmato dall’autore, in nove quaderni, che padre Congar, subito dopo il concilio, fece dattiloscrivere in tre copie alla sua segretaria Delphine Guillou, conservate nell’Archivio della Provincia domenicana della Francia, alla Biblioteca di Le Saulchoir e alla biblioteca della facoltà teologica di Lovanio.

Impreziositi dalla presentazione del nipote di padre Congar, Dominique Congar, dalla prefazione di Bernard Dupuy, successore di Congar alla cattedra di teologia fondamentale a Le Saulchoir, esperto del concilio, al servizio dei vescovi francesi, per i problemi ecumenici, e dall’introduzione di Éric Mahieu, i due volumi “narrano” il vibrante e appassionato dibattito conciliare, attraverso le puntuali osservazioni, le note personali, a tratti dure, di padre Congar. Sui suoi appunti lo stesso autore aveva chiesto che non vi fossero né tagli né omissioni, anche quando alcune espressioni sarebbero apparse un po’ forti e pungenti.

Della feconda riflessione teologica di Congar tutti ne siamo a conoscenza, forse dell’esperto conciliare si conosce poco, o raramente lo s’individua negli stessi documenti conciliari, dove pure la sua riflessione è ampiamente presente, sebbene poco esplorata. Il suo Diario del concilio, mentre costituisce una testimonianza diretta degli avvenimenti conciliari, testimonia la stessa esperienza “viva” che Congar ha fatto del concilio, gli incontri da lui avuti, i personaggi incontrati, le riflessioni proposte. Dupuy, nella sua prefazione, paragona il Diario di Congar alla Storia del Concilio di Trento di Paolo Sarpi o alle Lettres romaines di Ignaz von Döllinger (vol. I, p. 8).

Benché malato - è questa la sua straordinaria grandezza - Congar si mette in cammino, dopo aver ricevuto la nomina a consultore della Commissione Teologica. Una frase mutuata da Santa Teresa del Bambino Gesù: «Cammino perché la Chiesa possa progredire» costituisce l’incipit del suo Diario (vol. I, p. 65). Da questo momento, una narrazione puntuale, lucida, palpitante.

La pubblicazione del Diario del concilio giunge a pochi mesi dai quarant’anni del concilio vaticano II. In un tempo in cui forte si avverte il problema della receptio concilii e della sua corretta ermeneutica, le “vive pagine” di Congar si offrono quale pista feconda per quanti nella Chiesa, oggi, vogliono accogliere la sfida per una «revisione di vita»; è l’espressione con la quale Congar ha paragonato il momento del Vaticano II nella storia, per far sì - sono le sue stesse parole - «che la Chiesa sia la Chiesa» e «che Dio sia Dio».

Da ora in poi sarà impossibile leggere e capire i documenti conciliari senza passare dalle pagine di Congar. In molti testi del concilio sulla Chiesa, la Parola di Dio, l’ecumenismo, la liturgia, il dialogo con gli ebrei, la libertà religiosa, c’è la presenza di Congar. Lo confessa lui stesso, nel diario del martedì 7 dicembre 1965 (vol. II, p. 424), il giorno precedente la chiusura del concilio: «Esco lentamente e con difficoltà, reggendomi a stento in piedi. Moltissimi vescovi si congratulano con me e mi ringraziano. Dicono che, in gran parte, è opera mia. Guardando oggettivamente le cose, ho lavorato molto per preparare il Concilio, per elaborare e diffondere le idee che il Concilio ha consacrato... Io ho solo cercato di fare bene (?) quello che mi veniva chiesto. Ho preso poche iniziative, troppo poche, credo. Dio mi ha colmato. Mi ha dato a profusione, infinitamente al di là di meriti assolutamente inesistenti. Al Concilio sono stato coinvolto in molti lavori, ben oltre un influsso generico di presenza e parola... Quello che è stato letto stamani quindi veniva in gran parte da me. Servi inutiles sumus» (vol. II, p. 426-427).

Il Diario di Congar è certo la “narrazione” del Concilio così come lui stesso l’ha vissuto; il suo dono “prezioso” va al di là di una pura e semplice consegna di memoria; costituisce piuttosto il suo vero “testamento” alla Chiesa che ha amato e servito, di cui però lui per primo a tratti ne ha sperimentato la durezza.

A quarant’anni dalla sua chiusura, le enormi potenzialità sprigionate dal concilio aspettano ancora di diventare attualità dinamica nella vita delle singole chiese. Ciò significa che la memoria di esso piuttosto che essere operazione stantia e/o puramente celebrativa, deve farsi - sapientemente - cammino fecondo per realizzare nell’oggi delle nostre chiese la Chiesa che il concilio ha così profeticamente disegnato. Significa ancora che il concilio non è per niente finito! Lo stesso padre Congar lo ha intuito lo stesso giorno in l’assise conciliare giungeva alla sua conclusione. Ricordando le parole di Paolo VI così egli diligentemente appuntava: «Dice giustamente (è Paolo VI che parla) che il dopo il Concilio avrà bisogno di teologi e che il lavoro, lungi dall’essere finito, comincia» (vol. II, p. 428).

Per tutto quello che le pagine del Diario ci consegnano in “bellezza” e “verità”, la riconoscenza della Chiesa a padre Congar, dovrà essere infinita!


Clara Aiosa


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