Questioni di fede

Radici & Civiltà

SILVESTRI GIOVANNI SILVESTRI GIOVANNI Pubblicato il 16/03/2007
<b>Questioni di fede</b>

Questioni di fede

Recensione del libro di PETER LOUIS BERGER, Questioni di fede. Una professione scettica del cristianesimo, il Mulino, Bologna 2005.


L'ultimo volume di P. L. Berger attualizza i termini di un dibattito riguardante la condizione della fede nella complessa situazione moderna. La problematica, già precedentemente affrontata dal sociologo austriaco - basta ricordare alcuni dei suoi più importanti contributi in questo senso: Il brusio degli angeli (1970), L'imperativo eretico (1987); Una gloria remota. Avere fede nell'epoca del pluralismo (1994) - resta sempre di scottante attualità, tanto perché si vanno accentuando i caratteri della stessa società moderna (la post-modernità deve essere letta in questo senso come ultra-modernità o iper-modernità), quanto per l'opposto e, apparentemente paradossale, persistere e/o risvegliarsi del fenomeno religioso, che appena alcuni decenni fa era semplicisticamente dato per esaurito (eclissi del sacro).

P.L. Berger, sociologo e interprete raffinato delle caratteristiche della modernità, che nella sua teoria sociologica ha considerato la religione come l'elemento portante della stessa costruzione sociale della realtà (La sacra volta,1984)), s'è fatto acuto interprete dei grandi utamenti che subisce la religione nella modernità, delle difficoltà nelle quali viene a trovarsi il credente in una società sempre più complessa, diversificata e pluralistica, delle nuove condizioni che rendono possibile una convinta professione del proprio credo.

Suggestivo quest'ultimo volume di Berger, per il tentativo ch'egli fa di rileggere il Simbolo Apostolico della fede cristiana, partendo da un postulato che sembrerà ben strano a quanti collegando semplicisticamente 'fede' e 'dogmatismo' si rivelano anche incapaci di leggere i mutamenti della società attuale e le nuove condizioni nelle quali è possibile, seppure più problematico che nel passato, professare la propria fede. Collegando, invece, 'fede' e 'scetticismo' Berger evidenzia la possibilità non contraddittoria di una professione di fede in un contesto di reale pluralismo religioso; la possibilità di un atteggiamento di fede che, senza rimpianti per un passato in cui essa era 'data per scontata', si faccia carico della complessità della società attuale, del suo carattere multiculturale e della necessità / opportunità di aprirsi al dialogo e al confronto con tradizioni religiose diverse, rinunziando ad armature ideologiche e ad anacronistiche corazze dogmatiche.

L'atteggiamento scettico è ritenuto preliminare ad ogni atto di fede; più che ostacolo al credere, esso diventa per Berger condizione per una scelta lucida e consapevole del proprio credo: "Il mio ragionamento è scettico perché non presuppone la fede e non si sente vincolato da nessuna delle tradizionali autorità in materia di fede: la Chiesa infallibile, la Scrittura infallibile o un'irresistibile esperienza personale. Nondimeno, il mio ragionamento sfocia in una professione di fede cristiana, per quanto eterodossa" (pp. 7-8). Fedele ai presupposti teorici del costruzionismo sociale e alla metodologia empirica che caratterizza l'approccio sociologico alla realtà, Berger vuole mostrare, in un testo che è anche una sorta di autobiografia spirituale, come la professione di fede non può che farsi oggi necessariamente libera e responsabile, sempre aperta al confronto e al dialogo, come del resto - ecco una stupefacente analogia che deve far riflettere - lo fu all'inizio del cristianesimo quando, in un'agorà aperta, caratterizzata dalla competizione di divinità diverse e da un pluralismo culturale e religioso sorprendentemente simile a quello della nostra società attuale, i cristiani hanno dovuto confrontarsi con le più diverse tradizioni religiose.

Di formazione luterana, benché consideri la casa del protestantesimo liberale quella in cui "l'equilibrio tra scetticismo e affermazione … definisce l'unico modo accettabile di essere cristiano senza uscire dalla modernità" (p. 8), Berger tuttavia non considera il suo testo un manifesto del suo protestantesimo liberale, ribadendo di trovarsi a disagio con tutte le etichette teologiche ed affiliazioni ecclesiastiche. Fedele in ciò alla sua biografia precedente e, comunque, in sintonia con chiunque aderisca alla fede con mente scevra da apriorismi e fondamentalismi; in sintonia anche con la sferzante e ben nota critica kierkegaardiana ad un cristianesimo 'dato per scontato', Berger evidenzia tanto le difficoltà del professare la fede in un'epoca di pluralismo, quanto le opportunità che si offrono al credente per un itinerario di fede che investe la sua libertà profonda ed una scelta esplicita e personale. Nella riflessione che egli compie sui singoli articoli del credo (Simbolo Apostolico) vengono affrontate le questioni più interessanti e più feconde che nascono da un serena e argomentata legittimazione della fede nel nostro tempo e da confronto spassionato con le grandi tradizioni religiose. Un confronto da cui la fede cristiana, tutt'altro che indebolita, ne esce rafforzata in termini di legittimazione critica, rafforzata dall'assunzione metodologica (o professione) di un atteggiamento scettico, non ignaro tuttavia della posta in gioco implicata nella scelta religiosa.


Giovanni Silvestri



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