LA BRACIERA )

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“Vaso di metallo, dove si pone fuoco onde riscaldare”. Così il vocabolario siciliano definisce la braciera. Ma su questo utensi">

Radici & Civiltà

CONCIALDI RINO CONCIALDI RINO Pubblicato il 12/12/2007
<b>LA BRACIERA</b>
L’eventuale pubblicazione di parziali brani musicali allegati a testi scritti è fatta a titolo di Demo, essendo essa finalizzata a documentare la relativa ricerca della rubrica “Radici & civiltà” non avente scopo di lucro, ma, piuttosto, finalità di libera divulgazione culturale.

LA BRACIERA

LA BRACIERA (o tempo di... "iaddi")

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“Vaso di metallo, dove si pone fuoco onde riscaldare”. Così il vocabolario siciliano definisce la braciera. Ma su questo utensile domestico, certamente, c’è tanto da dire.

Le nuove generazioni non l’hanno conosciuto, ma i più anziani e quelli come me, ricordano tanti episodi vissuti attorno al fuoco della braciera nelle fredde giornate invernali.

Anzitutto occorre precisare che ne esistevano di diverse forme: di rame rosso e di rame giallo con grossi manici o con i piedi (supporti) in ferro.Tuttavia, il tipo più utilizzato aveva il supporto in legno, che le donne giornalmente lavavano e “stricavano” con sabbia (d’obbligo quella estratta al Camposanto Vecchio), per farlo diventare pulito, dato che ogni giorno veniva trattato con... i piedi !.

Anche la braciera veniva pulita con limone e sabbia, affinchè diventasse lucida, e poi esposta al sole e all’ammirazione dei passanti. Non era raro, infatti, che qualcuno di loro esclamasse: ”Miii.. chi bella braciera lucida! chidda sì ca è pulituna”, mostrando così di apprezzare tanto lo splendore della braciera, quanto le virtù domestiche della sua proprietaria.

Nella nostra memoria rimangono molti vocaboli legati all’uso della braciera: “quariari, addumari, svampari, scaliari, arriminari, sfumari, accupari, astutatu, sfaidda, ‘ncrauniri, sciusciari,
cinnirazzata”
.

Con l’arrivo dell’inverno questo utensile veniva tirato fuori dai ripostigli e, colmato di carbonella, doveva servire per tante cose: riscaldare la casa e il letto, asciugare la biancheria, abbrustolire il pane, cuocere olive, uova e cipollette, arrostire formaggio e, quando c’era, la salsiccia “ ‘mpurrazzata”.

Accesa la braciera, attorno ad essa si radunava tutta la famiglia e ogni tanto qualcuno con una paletta di ferro o un cucchiaio, mescolava la carbonella affinchè sprigionasse più calore, ma a forza di mescolare e rimescolare, alla fine restava solo la cenere.

La lunga permanenza attorno alla braciera e l’eccessivo calore da essa sprigionato, recava seri danni alle gambe delle donne, che allora non indossavano i pantaloni, e sulle quali si formavano delle antiestetiche chiazze rossastre o violacee, chiamate ”iaddi”.

In ogni caso non erano solo le donne a crogiolarsi al tepore della braciera. Nelle lunghe serate d’inverno, dopo aver cenato, tutta la famiglia, spesso insieme a parenti ed amici, si sedeva attorno ad essa, per dialogare, giocare a carte, recitare il Santo Rosario e anche sonnecchiare. Ed era proprio per la sonnolenza, dovuta allo sprigionarsi dell’anidride carbonica, che talvolta qualcuno si sentiva male o andava a finire con i piedi dentro al fuoco, proprio come Pinocchio.

Con l’arrivo dei mezzi di riscaldamento più puliti e moderni, anche se meno economici, la braciera è stata messa da parte. Oggi la ritroviamo solamente in qualche salotto a fare bella mostra di sè. Abbiamo quasi dimenticato che una volta, oltre a riscaldare il corpo, essa dava tanto calore umano e unione alla famiglia.


Testo e voce narrante di Rino Concialdi


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