IL QUARTIERE “ZEN” DI PALERMO –II-
nella Tesi di laurea in Scienze del servizio sociale della dott.ssa Elisabetta Schillaci, conseguita nel 2007 presso LUMSA (Libera Università Maria SS. Assunta) di Palermo

Radici & Civiltà

SCHILLACI ELISABETTA SCHILLACI ELISABETTA Pubblicato il 03/01/2008
<b>IL QUARTIERE “ZEN” DI PALERMO –II-</b>

IL QUARTIERE “ZEN” DI PALERMO –II-

nella Tesi di laurea in Scienze del servizio sociale della dott.ssa Elisabetta Schillaci, conseguita nel 2007 presso LUMSA (Libera Università Maria SS. Assunta) di Palermo, Relatore prof. Giovanni Silvestri.

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Titolo originale dell’indagine



Viaggio nel quartiere Zen: dall’emarginazione alla valorizzazione.


Indice


• Introduzione


• Alla scoperta del quartiere ZEN.

( Evoluzione storica del quartiere; Lettura del territorio: fattori socio culturali, economici e strutturali; Tabelle e riflessione sui dati raccolti)


• Integrazione dei servizi nel quartiere ZEN.

(Forme di integrazione: azioni fra i servizi; I servizi presenti; Area servizi comunali; Area servizi giudiziari; Area servizi del Privato Sociale; Area servizi sanitari; Area servizi scolastici)


• Valorizzazione e riqualificazione del quartiere.

(Iniziative e progetti che hanno valorizzato il Quartiere; Ipotesi di intervento e proposte operative)


• Conclusioni.


• Bibliografia.


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PARTE SECONDA


Lettura del territorio: fattori socio-culturali, economici e strutturali


Lo ZEN è caratterizzato, in generale, da una serie di problemi riconducibili a fattori strutturali e sociali. Per i primi si fa riferimento al diffuso degrado edilizio e all'assenza d'attrezzature pubbliche e di servizi che, nello ZEN 2, si traduce in assoluta monofunzionalità, aspetti questi decisamente aggravati da una cintura viaria, di fatto inutilizzata, che circonda il quartiere.

Per i disagi di natura sociale si fa riferimento ad alcuni fattori quali: scarsa alfabetizzazione della popolazione; altissima percentuale di popolazione disoccupata e in cerca di prima occupazione; presenza di un'elevata quota di popolazione giovane, in particolare in età scolare, che pur rivestendo un carattere positivo costituisce un problema data la scarsità o in alcuni casi l'assenza di strutture adeguate nella zona.

Gli esiti delle analisi del territorio hanno mostrato come il forte disagio sociale, riscontrabile specificamente nello ZEN 2, sia da ricondursi ad alcune motivazioni dominanti: l'assenza di servizi alla persona e di attrezzature collettive in genere; la presenza della sola tipologia d'edilizia sovvenzionata; la mancata legalizzazione del titolo di godimento delle abitazioni, ecc,.

Rispetto a quest'ultimo fattore, si è generato un circolo vizioso: l'IACP non ha mai portato a completa realizzazione gli alloggi e conseguentemente non ne ha mai ottenuto l'abitabilità; le abitazioni sono state occupate abusivamente e oggi, paradossalmente, i residenti, <>, non hanno, di fatto, la facoltà, come sopra accennato di stipulare contratti con le aziende per la fornitura d'acqua e d'energia elettrica.

A parere della scrivente il degrado sociale appare una logica conseguenza del degrado strutturale ed architettonico. Ed invero la struttura così come è stata concepita non ha avuto l'esito sociale sperato anche perché non è stata mai completata.

Al riguardo non va sottaciuto lo scarso impegno da parte delle forze politiche nel realizzare e definire il quartiere Zen così come progettato. Anzi si rileva che la popolazione del quartiere è stata da sempre vittima di promesse politiche mai mantenute ed utilizzata come semplice bacino di voti. L'assenza di servizi primari è il frutto di una politica incentrata solo sul ripristino e sulla tutela del patrimonio artistico del centro storico a danno delle periferie.

Per le condizioni di degrado, d'isolamento e per le condizioni socio- economiche e culturali, questo quartiere potrebbe essere definito un "ghetto".

Tutto questo ha comportato lo sviluppo della criminalità e della devianza proprio anche per l'assenza dello Stato e delle pubbliche istituzioni che non hanno saputo assicurare i diritti legalmente riconosciuti .

Il fenomeno di esclusione sociale comporta uno stato di povertà che non va inteso come mancanza di risorse economiche bensì come mancanza di strutture adeguate per rispondere ai bisogni primari, che sono costituzionalmente riconosciuti e garantiti.

L'illegalità quindi è una conseguenza purtroppo naturale posta in essere per soddisfare anche provvisoriamente un bisogno primario come nel caso degli allacciamenti abusivi di acqua e di luce.

Assenti sono le strutture socio-culturali e ricreative quali cinema, teatri, biblioteche, musei, discoteche, palestre.

Inoltre, ancora si rileva la mancanza di verde attrezzato, di spazi d'aggregazione, di strutture per il gioco e le attività sportive.

La parte Urbanistica da l'impressione che ci sia una grande quantità di aree per il gioco dei bambini. In realtà la colorazione verde delle planimetrie rappresenta i campi polverosi o fangosi, coperti da carcasse di auto incendiate e da rifiuti urbani ed industriali.

Le diverse fasce di popolazione, in particolar modo ragazzi e bambini che di questa costituiscono una quota rilevante, non vedono soddisfatta una domanda di spazi la cui attivazione potrebbe avere diversi esiti positivi rispetto alla riduzione del disagio sociale del quartiere.

Inoltre, tra le maggiori problematiche presenti in questo quartiere si evidenzia soprattutto il basso livello di scolarizzazione. Da una parte, le ragazze in età scolastica, per contribuire all'economia familiare, accudiscono fratelli minori ed aiutano nei lavori domestici. Mentre dall'altra, molti ragazzi per aiutare la famiglia dal punto di vista economico occupano parte del loro tempo in lavori saltuari.

Queste sono alcune dei fattori che purtroppo sviluppano il fenomeno della dispersione scolastica in tutte le sue forme: evasione, ritardi, bocciature, abbandoni.

Parlare di dispersione vuol dire essere presenza di una situazione sociale in cui il diritto allo studio non viene compiutamente attuato e realizzato.

Essa costituisce l'interfaccia di un disagio sociale e di una situazione d'emarginazione.

Appare pertanto evidente come il problema socio-economico influenza le scelte dei figli nei confronti dell'istruzione come sopra evidenziato. Un altro fattore è quello di tipo socio-culturale in quanto alcune famiglie creano scarse aspettative verso la riuscita scolastica, quindi mantengono una posizione di marginalità rispetto alle richiesta avanzate della scuola . Dall'evasione alla devianza dunque il passo è breve.

A ciò si aggiunga una quasi totale assenza di qualificazione professionale, la diffusione del lavoro precario, una mancanza di progettualità e d'investimento culturale individuale: la logica ed inevitabile conseguenza di tale drammatica situazione è l'elevato tasso di disoccupazione. Le occupazioni più diffuse sono quelle di venditore ambulante, piccolo commerciante all'interno del quartiere o altrove, operaio non specializzato, manovale.

E' proprio la difficoltà d'accesso nel mondo del lavoro che espone i minori ad un maggior rischio di devianza.

Pertanto, diventa prioritario realizzare interventi volti a migliorare la qualità della vita e favorire la diffusione della cultura dell'istruzione e del lavoro.

Una delle caratteristiche peculiari del quartiere è la marginalità. La condizione di particolare isolamento e l'aggravarsi della crisi economica e occupazionale sono alcuni fattori chiave che hanno contribuito ad aumentare la diffusione d'attività illegali, tra le quali fioccano precoci forme di devianza minorile e microcriminalità.

Il quartiere, data la sua origine, non possiede un'identità storica. La maggior parte delle famiglie vive la permanenza nel quartiere come una realtà transitoria o d'accomodo; è dunque evidente che il senso di precarietà si concretizza in un totale disinteresse nei confronti di tutto ciò che potrebbe migliorare la vita nel quartiere.

I nuclei familiari risentono di questo stato di cose ed in molte famiglie dove il marito è disoccupato o in carcere o in famiglie numerose, le donne, si assumono l'onere del mantenimento della famiglia lavorando come collaboratrici domestiche presso famiglie dei quartieri residenziali della città.

I figli maschi, in genere, conducono le loro esperienze prevalentemente per strada, sono poco motivati alla frequenza scolastica e tendono all'abbandono come già suddetto; le figlie aiutano sin da piccole nel lavoro domestico e tendono a fare la cosiddetta "fuitina".

Le famiglie sono solitamente numerose e vivono in stato di grave indigenza, ma nonostante ciò esiste un discreto numero di loro che conducono una vita dignitosa riuscendo a mantenere, all'interno della famiglia, i rapporti fondati sul rispetto reciproco.

Generalmente si nota la mancanza di modelli educativi finalizzati alla costruzione di un sistema di valori.

Nel quartiere emerge palesemente che sono ancora numerosi giovani che ignorano valori fondamentali come il rispetto di sé, degli altri, delle cose, infatti, i problemi dei genitori, anche di sopravvivenza materiale, finiscono per passare in secondo piano rispetto alle esperienze formative dei figli.

Occorre tuttavia segnalare che vi sono anche molti giovani che frequentano gli istituti superiori ed in alcuni casi l'Università, che però cercano amicizie, punti d'aggregazione fuori dal quartiere perché assenti ed appena sposati, lasciano definitivamente il loro territorio.

La situazione complessiva di San Filippo Neri è di certo migliorata in quest'ultimo decennio in cui la popolazione ha acquisito una propria identità sociale.

Alcune famiglie si sono regolarizzate ed integrate nel quartiere attraverso la partecipazione attiva ad iniziative e progetti promossi dai vari servizi. Inoltre, gli stessi abitanti che nel tempo si sono presi cura del loro ambiente di vita, rendendo più vivibili gli spazi comuni, manifestando un diffuso bisogno di normalità e di senso d'appartenenza da parte delle famiglie residenti e la volontà di regolarizzarsi per acquisire diritto di cittadinanza.


Elisabetta Schillaci

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Link alle precedenti parti:

prima parte



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