La fabbrica del male

Radici & Civiltà

CARUSO DANILO CARUSO DANILO Pubblicato il 19/05/2010
<b>La fabbrica del male</b>

La fabbrica del male

Sono comparsi dei manifesti pubblicitari a Palermo che hanno adottato come testimonial Adolf Hitler con un abbigliamento riadattato alle circostanze. Senza voler entrare nel merito della polemica che è sorta sulla appropriatezza o meno della scelta e sul suo valore pedagogico, pare l’occasione, facendo salve le buone intenzioni di tutti, ricordare quella storia che in qualche modo si è voluta esorcizzare con il suo ribaltamento. Alla fine del 2009 era capitato pure che un museo tailandese per attirare i visitatori inserisse un Hitler più esplicito nella sua pubblicità: allora i cartelloni pubblicitari furono rimossi dopo un paio di settimane.


Danilo Caruso


La fabbrica del male



II nazionalsocialismo è stato nella storia dell'umanità tra le peggiori ideologie che hanno ispira­to e provocato comportamenti la cui portata talmente negativa le qualifi­ca come ideologie del male. Sa­rebbe bastato il solo programma politico nazista, esposto da Adolf Hitler nel suo libro Mein kampf (La mia battaglia), per esprimere un ta­le giudizio al di là dell'esperienza storica della Germania hitleriana dal 1933 al 1945. Le radici del na­zismo si trovavano in aspetti del patrimonio culturale tedesco senza le quali il suo attecchimento ed il suo sviluppo sarebbero stati più dif­ficili. L'antisemitismo, il pangerma­nismo e l'avversione alla democra­zia, che lo connotarono in maniera peculiare, avevano illustri prece­denti da Lutero al Romanticismo tedesco fino a Friedrich Nietzsche.

Questo miscuglio sovrappostosi al­la sconfitta della Germania nella Grande guerra, creò la base su cui i nazisti avrebbero costruito la vìa per l'instaurazione di uno Stato to­talitario. Nel cammino verso il go­verno costoro specularono sulle di­sgrazie dei Tedeschi nel dopoguer­ra: l'instabilità socio-economica ga­rantì il considerevole appoggio dei capitalisti, che durante la dittatura ebbero a disposizione lavoratori privati dei loro diritti di categoria e totalmente asserviti ai piani di rilan­cio economico e di riarmo (ciò comportò la netta riduzione dei tas­so di disoccupazione e produsse un effetto di tolleranza da parte del proletariato nei riguardi del regime; il nazionalsocialismo ripristinò la medievale ereditarietà delle profes­sioni, ed inventò anche un servizio civile per i giovani di entrambi i sessi, un anno di lavoro obbligato­rio che servi d'altro canto a livellare le differenze sociali e che gli attirò un'ulteriore acquiescenza); prima della dittatura la sinistra del partito che portava avanti punti program­matici socialisti intercettò e convo­gliò il malcontento delle masse (nel 1934 i rivoluzionari nazisti furono eliminati fisicamente: Hitler preferì l'intesa interna col capitale e con l'esercito n cambio della presiden­za della repubblica, che così si uni­va in lui al rango di capo del governo).

Il socialismo del nazionalsocia­lismo esistette come lettera morta solo sulla carta. Nel 1933-45 i Tedeschi furono privati dei diritti più elementari in una normale demo­crazia. Tutto (informazione, educa­zione, gestione dell'economia, go­verno della cosa pubblica, etc.) era in mano ai nazisti: l'amministrazio­ne della giustizia e le forze dell'ordi­ne divennero lo strumento del con­trollo sociale e della soppressione degli oppositori. A questa azione repressiva si aggiungeva la produ­zione del consenso e dell'indottri­namento condotta attraverso istitu­zioni di partito e pubbliche. Tutti, a seconda dei casi, erano inquadrati nel sistema nazificato, non vi era spazio per il dissenso. Le cosiddet­te leggi di Norimberga (1935) die­dero primo corpo al programma antisemita: gli Ebrei tedeschi furono emarginati dalla società al pari de­gli Iloti sotto gli Spartani, e l'intera Germania sembrò somigliare mol­tissimo all'antica Sparta.

L'irrazio­nale concetto della superiorità raz­ziale ariana (ed in particolare dei nordici germanici) spinse barbara­mente i nazisti durante il secondo conflitto mondiale all'uccisione nei campi di concentramento di sei mi­lioni di Ebrei. Nessuna forma di pensiero poteva e potrà mai giusti­ficare una tale azione immotivata di odio e di morte che resta durevole nella storia a severissimo monito con la sua condanna irrevocabile verso i responsabili. li nazionalso­cialismo ebbe i suoi cardini nell'ide­a di una grande Germania (che si espandesse nell'est europeo) ed in questo sentimento di antisemiti­smo. La sinistra dei partito non ebbe mai vita facile e finì con lo scomparire negli anni di governo. Per una serie di motivazioni, sotto il profilo delle idee, non è corretto ac­costare il fascismo italiano al nazi­smo nel cosiddetto nazifascismo, un ibrido che non può facilmente assurgere a categoria politico-filosofica, mentre è più giusto parla­re di alleanza politico-militare tra Italia e Germania. E’ vero che in Ita­lia furono emanate – con l'appro­vazione del re Vittorio Emanuele IlI – nel 1938 leggi razziali, ma furono lo sciagurato e profondamente ingiustificato frutto di un innaturale allineamento dell'ideologia fascista.

Il fascismo ebbe in sé dannosi di­versi difetti, tuttavia l'antisemitismo come connotato ideologico lo prese dal nazismo (compiendo uno dei più tragici e significativi suoi errori) e non da una sua corrente interna preponderante. Il che non lo solleva da colpe, però chiarisce la dinami­ca della storia. Il fascismo coltivava il suo socialismo spiritualista, e si scontrò col capitalismo italiano (le vicende della Repubblica sociale italiana lo dimostrarono), le sue leggi razziali non avevano l'inten­sità di quelle tedesche, ed inoltre nonostante gli altalenanti rapporti con la Chiesa cattolica (che va det­to soddisfece in parecchio: dai Patti lateranensi alla concessione di alcuni privilegi) mai progettò invece come il nazismo dì ritornare al pa­ganesimo (nel 1933 la Santa sede ed il governo di Hitler avevano sti­pulato un concordato). Il legame tra Italia fascista e Germania nazista nacque in un contesto di politica estera. Dopo la conquista italiana dell'Abissinia nella seconda guerra d'Etiopia (1935-36) Inghilterra e Francia, precedenti alleati nella Grande guerra, si erano schierate contro l'Italia; la Germania no. Hit­ler era ammiratore di Mussolini (il contrario non era vero) e fece in modo di avvicinarglisi: la strada del­la distruzione era spianata perché il fascismo per non restare isolato all'estero si legò malauguratamente ai nazisti. In Germania i campi di concentramento per gli oppositori esistevano già prima del secondo conflitto mondiale, in Italia c'era il confino che, seppur parimenti inac­cettabile, era molto diverso.

L'ami­cizia tedesca provocò l'involuzione dei fascismo, la sua entrata in guer­ra contro le potenze democratiche occidentali (da cui si era allontana­to definitivamente) e la mancata possibile sua futura ed incruenta evoluzione verso la democrazia (similmente al franchismo). L'opera socio-politica fascista dei periodo prebellico – sempre non dimenti­cando che era una dittatura anti­democratica – non è paragonabile nello spirito alla difesa degli inte­ressi del capitale praticata dai nazisti né alla completa e radicale restrizione delle libertà attuata da questi ultimi ed altrove da regimi dittatoriali comunisti o conservatori: in Italia c'erano la Chiesa e la mo­narchia sabauda che mantenevano propri spazi d'azione.

Sul fascismo pesano le vittime e le rovine dell'u­ltima guerra e lo sviamento nazista con l'Olocausto in modo incancellabile, unitamente alla sua origina­ria vocazione antidemocratica ed all'uso della violenza interna nel suo primo frangente: queste sono le maggiori affinità con il nazional-socialismo rispetto a cui ebbe ge­nesi e vita diverse fino al connubio (Mussolini guidava il governo italia­no già dalla fine del 1922 e manife­stò l'intenzione di allearsi con i Te­deschi solo dopo la svolta della me­tà degli anni '30). L'intellettuale ita­liano genuinamente più incline al razzismo, il filosofo Julius Evola, paradossalmente fu mal visto dai nazisti a causa di divergenze d'im­postazione teorica e tenuto ai mar­gini dai fascisti che gli preferivano il neohegeliano Giovanni Gentile.

Nella seconda metà del Novecento,sebbene la memoria della Shoha fosse viva e presente come oggi ma più vicina agli eventi, gli Occi­dentali mantennero mentalità discriminatorie verso i rappresentanti di altre etnie e specialmente nei confronti dei neri. I casi degli U.S.A. e del Sudafrica sono tra quelli em­blematici: in Sudafrica i bianchi in­staurarono un governo segregazio­nista, durato dal 1948 al 1990, non dissimile da quello nazista, e negli Stati Uniti il Ku Klux Klan e gli as­sassini di leaders neri sono storia ancora recente.
Danilo Caruso

Dai punti del programma del partito nazionalsocialista (1920)

1 - Noi chiediamo la costituzione di una Grande Ger­mania che riunisca tutti iTedeschi, sulla base del di­ritto all'autodeterminazione dei popoli.
3 - Noi chiediamo terra e colonie per nutrire il nostro popolo e per collocare l'eccesso di popolazione.
4 - Cittadino può essere soltanto chi è connazionale. Può essere connazionale solo chi è di sangue tede­sco, senza riguardo alla confessione religiosa. Nes­sun Ebreo può quindi essere connazionale.
5 - Chi non è cittadino può vivere in Germania solo come ospite e deve sottostare alla legislazione per gli stranieri.
6 - Il diritto di determinare l'orientamento e le leggi dello Stato è riservato ai soli cittadini. [..]
7 - Noi chiediamo che lo Stato si impegni ad assicura­re a tutti i cittadini i mezzi per vivere. Se questo paese non può garantire il sostentamento a tutta la popola­zione, chi non è cittadino dovrà essere espulso dal Reich.
8 - Bisogna impedire ogni nuova immigrazione di non Tedeschi. [..]
10 - Primo dovere di ogni cittadino è il lavoro, fisico o intellettuale. L'attività del singolo non deve nuocere agli interessi della collettività, ma inserirsi nel quadro di questa e per il bene comune. Per questo noi chiediamo:
11 - La soppressione del reddito di chi non lavora e non fatica, la soppressione della schiavitù dell'interes­se.
13 - Noi chiediamo la nazionalizzazione di tutti i grup­pi esistenti d'imprese che esercitano un monopolio.
14 - Una partecipazione agli utili nelle grandi imprese.
16 - Noi chiediamo la creazione e la protezione di un sano ceto medio, che i grandi magazzini vengano immediatamente affidati alle amministrazioni comuna­li e che siano affittati a poco prezzo ai piccoli commercianti. La priorità deve essere accordata ai piccoli commercianti e industriali per tutte le forniture allo Stato, alle regioni o ai comuni.
17 - Noi chiediamo una riforma agraria adatta ai nostri bisogni nazionali, la promulgazione di una Legge che permetta l'esproprio, senza indennizzo, del suolo per fini di utilità pubblica, la soppressione dell'interesse fondiario e il blocco di ogni speculazione fondiaria.
18 - Noi chiediamo una lotta senza tregua contro co­loro che con la loro attività nocciono all'interesse pubblico. [..]
19 - Noi chiediamo che un diritto comune tedesco so­stituisca il diritto romano che è al servizio dell'ordinamento materialistico del mondo.
20 - L'estensione del nostro sistema scolastico deve permettere a tutti i Tedeschi dotati e attivi di accedere a una educazione superiore e con questa a posti di­rettivi. [.Lo spirito nazionale deve essere inculcato nella scuola fin dall'età della ragione. [..]
21 - Lo Stato deve provvedere a migliorare la salute pubblica, proteggendo la madre e il fanciullo, proibendo il lavoro dei fanciulli, introducendo mezzi atti a sviluppare le attitudini fisiche mediante l'obbligo di praticare lo sport e la ginnastica e mediante un forte sostegno a tutte le associazioni che si occupano dell'educazione fisica della gioventù.
23 - Noi chiediamo la lotta legale contro la menzogna politica cosciente e la sua diffusione a mezzo della stampa. [..]
I giornali che contrastano con l'interesse pubblico de­vono essere vietati. Noi chiediamo che la legge com­batta l'insegnamento letterario e artistico che esercita un'influenza disgregatrice sulla nostra vita nazionale, e la soppressione delle organizzazioni che contrav­vengono alle disposizioni sopra esposte.
24 - Noi chiediamo la libertà nell'ambito dello Stato per tutte le confessioni religiose, nella misura in cui esse non mettano in pericolo la sua esistenza o non offendano il sentimento morale della razza germani­ca. Il partito, come tale, difende la concezione die un Cristianesimo positivo, ma non si lega a una confes­sione specifica. Esso combatte lo spirito giudaico-materialista all'interno ed all'esterno ed è convinto che un risanamento duraturo del nostro popolo non può avvenire che dall'interno, sulla base del principio: l'interesse generale prevale su quello particolare.
25 - Per realizzare tutto questo, noi chiediamo la cre­azione di un potere centrale forte, l'autorità assoluta del comitato politico su tutto il Reich e sui suoi organismi e inoltre la creazionede di camere professionali e di uffici municipali incaricati di attuare nei vari Laen­der le leggi generali promulgate dal Reich. [..]


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