RITORNO ALLE RADICI - III^ Parte -

Radici & Civiltà

LO BLUNDO CLAUDIA LO BLUNDO CLAUDIA Pubblicato il 06/12/2005
<b>RITORNO ALLE RADICI</b>  -  III^ Parte  -

RITORNO ALLE RADICI - III^ Parte -



zi’ Totonne




La giornata era trascorsa in maniera piacevole per tutti; ciascuna zia aveva preparato una pietanza diversa ed abbondante perché nessuno avrebbe dovuto lamentare di non averne assaggiato; noi ragazzi e ragazze avevamo scorrazzato per i campi, giocando ci eravamo fatti dei dispetti l’un l’altro, qualcuno aveva raccolto fiori delicati che aveva mostrato alla propria madre o alla nonna e nel frattempo il nonno, sempre alla guida di tutti, dopo aver acceso il fuoco, assistito dai figli e dai fratelli aveva arrostito generose bistecche di carne.

Le immagini di quella scampagnata mi si mostravano vivide ma non riuscivo a ricordare se prima o dopo quella ve ne fossero state altre, senza dubbio si, perché le feste all’aperto erano come rituali annuali, eppure sembrava che nel mio animo fosse rimasta scolpita solo quella.
Nonostante l’età, nonostante frequentassi già il ginnasio, mi sentivo ancora bambina ed invece, dopo quel giorno, o quello stesso giorno, in me avvenne un cambiamento che mi fece prendere coscienza che stavo crescendo, che diventavo donna: fu l’improvviso diverso interesse che Beppe, che aveva tre anni più di me, mostrò nei miei riguardi.

Sulla via del ritorno a casa, dopo essermi stato vicino lungo tutta la strada, mi aveva offerto la mano perché mi appoggiassi a lui per fare una corsa e raggiungere gli altri ragazzi che si trovavano avanti al gruppo degli adulti, poi, giunti alle prime case del paese mi aveva rivolto uno sguardo particolare, il suo sguardo da Don Giovanni che ancora non conoscevo:“ Ti ha detto nessuno che sei una bella ragazza?” subito dopo la domanda mi aveva dato un leggero bacio sulla guancia. Mentre con la mano coprivo la guancia quasi a non voler lasciare sfuggire quella leggera impronta, lo avevo guardato confusa e riconoscente e solo dopo mi ero ricordata di guardare se qualcuno, accanto a noi, si fosse accorto di quel gesto.

Alle immagini di quella scampagnata se ne accavallarono altre, in maniera confusa e sotto forma di sprazzi luminosi che mi riportavano alla mente momenti della mia infanzia e della mia giovinezza, il rimpianto per la mancanza dei miei genitori, il calore affettuoso della nonna, le amiche, la laurea, Beppe...! Dietro quel fiume di ricordi due lacrime calde ed involontarie scivolarono sulle mie guance e diedero il via ad un pianto che altro non erano se non un sommesso colloquio con il nonno:
”Avevi ragione tu, i luoghi in cui sei vissuto sono belli perché sono legati ai momenti importanti della tua vita, non importa se lieti o tristi ma senza dubbio i più veri nell'istante i cui li hai vissuti, quelli in cui hai costruito il tuo domani anche se questo non ti è mai stato del tutto lieto.”

Allora avevo riaperto gli occhi per guardare il carro funebre che proseguiva il suo lento andare dinanzi a me, oltre le prime vetture,ed una strana euforia si impossessò del mio cuore al pensiero che il nonno non fosse più chiuso lì dentro ma stesse facendo quel viaggio libero, all’aperto, e di certo avrebbe voluto farci sapere che viaggiava con noi, chissà, però, dove si trovava? Forse stava seduto a fianco del cuscino ricoperto da orchidee, ultimo dono da parte della moglie sconsolata, o forse, preferivo pensare con una sottile vena scherzosa, stava viaggiando a cassetta, seduto a fianco del nero vetturino e da lì faceva quell’ultima sua passeggiata.

Non poteva essere diversamente: anche lui in quel momento stava godendo del piacere dato da quell’aria azzurrina che induce gli animi a fermarsi per fare, come lui amava dire, nu poco e sentimento.

In quel momento una gran pace era scesa dentro il mio cuore: non era più il caso di piangere!
Avrei voluto gridare questa esortazione a quanti chiusi nella propria automobile seguivano il mesto corteo perché lui, che per tutta la sua vita terrena aveva preteso di conoscere gli uomini ed i loro pensieri, ora, di certo, riusciva a leggere entro i cuori di quanti gli facevamo corona e sapeva che eravamo lì per godere, ancora per qualche momento, della sua compagnia.

“Zi Totonne se ne è andato!” avevano detto i compaesani dinanzi la chiesa, quasi avessero avuto la percezione che con lui si fosse spezzato il tenue filo che sembrava unire il passato, un tempo che era sembrato bello perché ricco di promesse, al presente talvolta incerto dell’ultimo decennio che ci avvicinava alla fine del secolo, una frase detta con una sorta di rabbiosa rassegnazione come se fosse crollato un simbolo al quale, inutilmente, si era augurata una lunga vita, perché continuasse ad essere testimonianza loquace di un passato che le nuove generazioni ignorano o preferiscono ignorare.

La calma aveva ceduto il posto a nuove lacrime silenziose: ”Si, cara nonna, cari zii, cari amici, Zi Totonne se ne è andato; è andato via soffrendo dignitosamente, così come dignitosamente aveva cercato di vivere; da uomo antico ha voluto evitare la commiserazione per quel male che gli ha impedito l’orgoglio della longevità.”

Ed avevo pensato che mentre il trascorrere del tempo avrebbe lenito il dolore per la sua dipartita, amici e parenti avrebbero ricordato la sua persona, la sua voglia di vedere, di sapere, di dire, mai in evidenza ma sempre presente nei momenti importanti della vita della sua famiglia e del suo paese. E con orgoglio di figlia, perché per me era stato un padre, mi fu di conforto il pensare che tutti lo avrebbero ricordato come un
"signore", qualità andata in disuso, in un tempo in cui tutti ci si appella signori, ma titolo col quale ciascuno vorrebbe sentirsi elogiare visto che “signori si nasce!” Addio, nonno! Addio, " zi' Totonne! "

Claudia Lo Blundo


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