LA CAMPAGNA

Radici & Civiltà

REPORTER REPORTER Pubblicato il 08/12/2005
<b> LA CAMPAGNA </b>

LA CAMPAGNA



tratto da GIORNI VISSUTI COME SE FOSSERO ANNI di Liborio Guccione, giornalista e scrittore aliese, che ambienta tale sua opera nel paese natìo degli anni ’30 -’40.
Per la gentile concessione alla divulgazione telematica del libro, si ringraziano sia gli Eredi dell’Autore sia l’Amministrazione comunale di Alia, che nel 1997 ne ha curato la prima edizione.


Devo confessare, ad onor del vero, che da piccolo non ero molto attratto dalla campagna: ci andavo proprio quando ero costretto, e difficilmente accettavo di pernottarci. Mi mancavano troppe cose, prima fra tutte quel senso di sicurezza di non essere preda di insetti: fobie di ragazzi, s'intende. Era naturale che la vita in campagna non potesse avere lo stesso ordine che nella propria abitazione. La vita in campagna era affidata un po' all'improvvisazione, alla provvisorietà, diciamo anche alla casualità. Oggi, alla luce delle esperienze vissute, devo altresi confessare che, dopo avere provato a vivere nelle «delizie» del mondo delle comodità e dell'organizzazione civile, mi pento di non avere scelto di vivere nella semplicità contadina; la più sana e la più vicina a quel che vuole da noi natura.

Dunque, avendo - come suoI dirsi - un po' la puzza sotto il naso, io in quei pochi anni che vissi a Lalia, ebbi rare occasioni di andare in campagna. Mi capitava di andare con la famiglia, nei mesi estivi, al bevaio del bosco, meglio inteso dagli aliesi come «la brivatura a lu vuoscu», una località poco distante dal paese, che era una delizia per la meravigliosa campagna, per aria salubre; un posto, insomma, che affascinava. E tuttavia per noi era una costrizione. Si sa che i ragazzi amano il dolce dormire, ma il difetto di quelle scampagnate era proprio questo: bisognava andarci di buon mattino; diciamo pure all' alba. Quella era l'ora, infatti, in .cui la zia Maria Teresa, scendeva dalla sua casa «supra lu cuozzu» e veniva a bussare alla porta di casa mia per sollecitarci a seguirla, a piedi s'intende, verso la sua «chiusa» del bevaio del bosco.

Era un bell' appezzamento di terreno quello di zia M. Teresa, un vero paradiso per la bontà e la varietà dei suoi frutti. Ma alzarsi quando il sole era appena ai primi bagliori, mi dava, anzi ci dava noia, e se non fosse stato per quello spirito di servizio e di obbedienza che era proprio dell'educazione di quel tempo, ci saremmo francamente rifiutati. Ma non si poteva: bisognava fare buon viso a forzata sorte. Oh, quando poi ci si trovava in quel delizioso sito, venivamo travolti dall' entusiasmo e si attenuava il cruccio per la levataccia; tanto più che avevamo fatto contenta la zia. Si tornava a casa che il sole era assai alto nel cielo, avendo raccolta tanta frutta.


Viste 11165 - Commenti 0
Iscriviti
ed inizia a pubblicare i tuoi contributi culturali