Il fascino dell’Altopiano di Asiago (o dei 7 Comuni) - “primavera” -2°-

Radici & Civiltà

REPORTER REPORTER Pubblicato il 26/01/2006
<b>Il fascino dell’Altopiano di Asiago (o dei 7 Comuni)</b> -  “primavera” -2°-

Il fascino dell’Altopiano di Asiago (o dei 7 Comuni) - “primavera” -2°-

..nell’Opera “L’Altipiano delle meraviglie” dello scrittore Mario Rigoni Stern e del fotografo Roberto Costa, edita nel 2003 dalla Banca Popolare di Vicenza che si ringrazia vivamente per averne autorizzato la parziale pubblicazione in questo sito web.


LA PRIMAVERA - II^ Parte -


A marzo i cervi avevano lasciato cadere le superbe corna, ma già ad aprile spuntano i nuovi steli che ricrescono con forza ricoperti dal velluto: un tessuto cartilaginoso che, a mano a mano che cresce la sostanza ossea, si secca e cade, o che anche loro fanno cadere sfregando la testa contro alberi o cespugli. Il cervo è un ungulato socievole e l`unità base del branco è la madre che in primavera ha con sé il piccolo dell`anno precedente e la figlia di quindici mesi. Le femmine si raggruppano così tra di loro e le più anziane sono di guida. Già qualche macchia bruna è comparsa anche verso le montagne più alte, e là dove il vento ha spazzato via la neve e dove il sole fa sentire di più i suoi raggi si stanno preparando le arene di canto per i galli di monte. I primi germogli che avidamente hanno cercato e il sole hanno stimolato l`istinto amoroso; la loro veste è diventata più lucente, i colori più brillanti e più evidenti le caruncole rosse sopra gli occhi. Già isolatamente hanno incominciato a fare sentire i loro segnali: sono come dei soffi e, isolatamente, si avvicinano al balz per le lotte di supremazia. I luoghi del balz, delle contese e dell`accoppiamento amoroso, sono sempre quelli da tempo immemorabile, ma possono alle volte cambiare se cambia la vegetazione arborea. Di solito è un luogo aperto baciato dal primo sole, predominante nel paesaggio e da dove il canto di sfida si possa udire a distanza: è da lì che il re di quella montagna lancia il suo invito a battersi agli altri galli che hanno accolto il segnale. Gli adulti si avvicinano con baldanza, i giovani se ne stanno discosti come spettatori a vedere e ascoltare per apprendere l`arte di quella lotta rusticana. I rivali escono dai mughi, scendono dai larici, osservano, lanciano qualche soffio di sfida, si avvicinano camminando o svolazzano verso il grande rivale che per primo ha preso possesso del balz che ora stende le ali e le abbassa sino a strisciare sul terreno, spalanca e alza la coda, la rovescia verso il dorso, fa vedere le piume bianche del sottocoda per esaltare riflessi e contrasti; fa alcuni passi, raspa il terreno con forti unghiate, gira in breve cerchio, il collo alto e la testa protesa hanno un fremito, spalanca il becco e ruglia con voce inimitabile come a dire: "Andate via, non vedete: sono io il padrone”. I rivali più forti escono in aperta sfida, non solo come esibizione di parata ma anche di lotta con colpi di zampa, di ali e di becco. Alcuni insistono a contendere, altri si ritirano e volano via a cercare altre arene. Le femmine che avevano ascoltato i richiami e sono arrivate in silenzio escono svolazzando dai mughi o dagli ontani; i maschi le sentono presenti e allora i rimasti aumentano le esibizioni ch diventano bizzarre e vivaci e i suoni si fanno confusi e pazzi i movimenti della danza. A questi non possono resistere, escono sul balz, si negano, si concedono tra sbattere di ali e voli di piume. Quando sui solivi fioriscono i larici in amenti gialli e rosso vivo, è quello il tempo del Tetrao urogallus, il nostro cedrone; re della foresta ancor più del cervo che incomincia a lanciare il suo tooc tooc ancora prima che si annunci l`alba. Lo spirito della notte che chiama il giorno, dice un poeta russo. È lui che nella primavera chiama il sole per tutti i viventi, lui che ci dice di essere ancora qui e di aver superato l`inverno. Ha messo la livrea più bella e, su un ramo nudo o tra il cimale di un abete, delimita il suo balz. Dapprima è sospettoso, vuole essere tranquillo nella sua dimostrazione amorosa. Tooc tocc; ogni tanto fa degli intervalli e ascolta e gode il lento ritorno della luce. Quando incomincia a rischiarare riprende il suo verso con più insistenza; tronca il canto con un toch più forte e poi chiude la strofa con un gorgoglìo come un trillo. Questi primi segnali di richiami amorosi sembrano deboli al nostro udito non abituato ad ascoltare le voci della natura, ma non per le sue femmine. Loro volano nel brivido antelucano, si avvicinano silenziose ma lui le sente anche se lo osservano nascoste. Lui, il grande re, plana dal ramo e nella rischiarata radura si dimostra in tutta la sua forte bellezza: gonfia le piume, raddrizza il capo, fa la "rodena" rugliando al cielo, allarga le ali segnando il terreno, apre la coda che il primo sole rende cangiante nei riflessi e il suo canto, che diventa simile al suono della cote sulla falce, riempie l`universo. È così la sua danza d`amore alla quale le sue femmine non possono resistere e allora escono sul balz, poi fuggono veloci e si nascondono; lui riprende l`irresistibile richiamo, ritornano... Così per più volte: vola sull`albero, ritorna a terra, canta, danza, ama. Le pernici bianche, Lagopus mutus, ad aprile hanno sciolto il branco e le coppie volano a cercare il loro posto, a levante, un erto spiazzo erboso tra germogli di artemisia e stelle alpine. Stanno cambiando l`abito invernale, il piumaggio bianco cade lentamente e il capo, il dorso, la coda si coprono di bruno fulvo: nel maschio rimangono nere le caudali e la caruncola rossa carminio sopra l`occhio accentua il colore: è l`abito nuziale. La coppia prende possesso del territorio scelto in comune accordo e lo difende, cerca insetti e germogli ai margini del nevaio che si ritira; insieme vigila ed è rapida a scomparire mimetizzandosi al comparire dell`ombra dell`aquila o al guizzo dell`ermellino. A maggio il corteggiamento è breve e sobrio: il maschio inarca le ali e le striscia sulla neve, alza la coda, esegue salti verso l`alto sbattendo le ali, emette suoni gutturali. La femmina si accuccia al suolo, cammina movendo la testa dal basso verso l’alto come segno di assenso, chiocciando a voce bassa. Anche lassù in alto è arrivata la primavera. di Mario Rigoni Stern _________________________________ foto di Roberto Costa


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