50 anni d’America - I^ Parte -

Radici & Civiltà

MACALUSO MARIO MACALUSO MARIO Pubblicato il 19/02/2006
<b>50 anni d’America</b>   - I^ Parte -

50 anni d’America - I^ Parte -




Da oggi, lo “Sportello” ha, nel prof. Mario Macaluso, un nuovo “operatore culturale”. La sua collaborazione ci sarà preziosa per conoscere meglio alcuni aspetti sociali della città di New York, dove attualmente vive e lavora. - ( il Coordinatore) -



Nel 2008 celebrero’ il mio cinquantesimo anniversario del giorno in cui sono arrivato in America il 21 giugno del 1958.
Quante memorie dopo cinquant’anni di vita a New York e quante esperienze!

Un aereo della Trans World Airlines, a quattro eliche -la meraviglia dell’epoca- mi condusse a New York insieme a mia madre e a mia sorella, Rosa, che allora aveva appena quattordici anni ed io solamente diciotto.

Tutti e tre facevamo il nostro primo viaggio in aereo che ci trasportava da Polizzi Generosa (Prov. Palermo) a New York, la grande metropoli americana dei grattacieli.

Partendo da Roma, dopo vari scali per fare rifornimento, ci fermammo a Parigi, poi a Shannon in Irlanda e finalmente arrivammo a New York all’aeroporto John F. Kennedy che allora si chiamava Idlewild.

Fu nel pomeriggio del 21 giugno, data che celebro ogni anno issando la bandiera davanti alla mia casa, che io misi piede sul suolo americano.

Pioveva, e scendendo all’aperto dall’aereo, ci avviammo verso la stazione centrale, accompagnati da un attendente al volo che ci riparava dalla pioggia con un grosso ombrello.

Eravamo tre emigranti con delle piccole cose nelle nostre borse a mano e tanti sogni. Lontani da noi restavano ora il paese, le memorie, gli amici e la nostra umile casa. Qui a New York ci attendeva un mondo nuovo completamente diverso dal nostro: diverso per la sua lingua, cultura e tradizioni.

Nessuno di noi parlava Inglese, e nessuno di noi sapeva quante difficolta’ avremmo dovuto superare durante questi ultimi cinquant’anni!

Avevamo con noi la forza e il coraggio indomito di siciliani, abituati alla vita dura e nobile di campagna, ai valori centenari della nostra cultura sicula e al grande desiderio di ricostruirci una vita nuova e piu’ bella.

Il ricordo piu’ saliente del mio primo incontro con l’America mi rimarra’ per sempre presente nella memoria.

Ricordo ancora con fascino il momento in cui, diretto verso la stazione centrale, alzai la mano per spingere le porte di vetro che ci stavano davanti.

Che momento magico e indimenticabile!

Senza toccarle, le porte si spalancarono davanti a me come se un angelo le avesse dato il commando di aprirsi. Rimasi di stucco. Non avevo mai visto delle porte automatiche prima di allora.

Sapevo tanto poco sebbene conoscessi i classici latini e greci e mi sentissi capace di una certa sofisticazione intellettuale. Era tutto una nuova esperienza. Non avevo mai viaggiato prima di allora. Conoscevo solamente l’asinello, la corriera, Cefalù, dove avevo studiato e una volta avevo visitato Palermo quando andai al Consolato americano per il passaporto.

Adesso, dopo cinquant’anni qui a New York, quando ricordo quel momento stupendo del mio arrivo in America, penso solamente all’amore grande di un paese che sarebbe diventato la mia patria di adozione quando in quell’afoso pomeriggio del 21 giungo del 1958 con la sue porte automatiche spalancate, mi apri’, come una mamma, le sue braccia e mi disse con affetto: “Benvenuto!”


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