Maria Ermenelgilda Fuxa

Radici & Civiltà

RUNFOLA GIOACCHINO RUNFOLA GIOACCHINO Pubblicato il 16/04/2006
<b>Maria Ermenelgilda Fuxa</b>

Maria Ermenelgilda Fuxa

Ricerca effettuata dall’aliese Gioacchino Runfola


Maria Fuxa nasce ad Alia il 12 dicembre del 1913. A parte una breve parentesi milanese trascorre tutta la sua vita a Palermo.
Finite le elementari al “Giusino” e le medie al “S.Anna” prosegue gli studi presso l’Istituto Magistrale “De Cosmi” dove consegue il Diploma. Inizia ad insegnare presso un istituto milanese e contemporaneamente si iscrive all’università nella facoltà di pedagogia. L’amore per la musica la spinge a studiare privatamente pianoforte trovando ispirazione in Schubert, Mendelsson, e Beethoven.


Per molti anni Maria Fuxa svolge in modo esemplare il lavoro di archivista nella sezione donne dello “psichiatrico” di Palermo; soltanto negli ultimi anni della sua vita si dedica intensamente alla poesia, spinta a ciò dai suoi più cari amici.
Fa parte della prestigiosa associazione Siciliana per le arti ( ASLA ) sezione letteratura ed è presente a Palermo agli incontri culturali organizzati dal centro. Sempre partecipe su invito a concorsi internazionali di poesia, ottiene ambiti riconoscimenti con merito tra i quali citiamo solo: “Fede e Civiltà”, “Genialità e creatività”, “Salvatore Quasimodo”, “Donatello”, “Giacomo Leopardi”, concorso quest’ultimo in cui è figurata al primo posto.


Da giovane Maria Fuxa frequenta a lungo la biblioteca nazionale dove ha modo di formarsi culturalmente immersa nei testi del Leopardi, Foscolo, Pascoli e tra i contemporanei Dino Campana ed Ungaretti.


Un animo mite e schivo, un carattere timido e difficile a legare subito nei rapporti interpersonali, nascondono una personalità ricchissima.
Tutto ciò è normale nonché coerente nella presentazione di una personalità poetica, ma acquista altro valore se si tiene conto che Maria Fuxa, dopo qualche breve ricovero in varie cliniche psichiatriche, dopo il decesso dei suoi genitori, rimase come degente all’ospedale psichiatrico di Palermo.


I trattamenti subiti, Elettroshock, Shock Insulinico ed il continuo bombardamento con psicofarmaci, sono riusciti ad oscurare e forse a scalfire, ma non a “domare” ed annullare la sua personalità che nella poesia stessa emerge netta e chiara.


Nel 1980 pubblica il volume “Voce dei senza voce” che riscuote un lusinghiero successo.
Varie associazioni ed accademie hanno voluto Maria Fuxa come loro socio, non ha mai avuto bisogno di raccomandazioni: è bastato dare un piccolo spazio di silenzio alla sua poesia, per avvertire il richiamo di purezza in cui si immergono i suoi versi.


I suoi versi, semplici e spogli, si rivelano una chiara denuncia ai mali di una società schizofrenica. I degenti dell’ospedale psichiatrico non posseggono nessuna forma contrattuale ed i loro lamenti non hanno eco: la società ha abbandonato questi suoi figli, trattandoli peggio dei criminali che si sono macchiati di orrendi crimini.


Le sue poesie divengono quindi una voce che giunge a noi da quella “Fossa di li vivi”( lo psichiatrico ) con i suoi delicati versi ricchi di umanità e di amarezza, Maria Fuxa si fa testimone e portavoce di una dolorante umanità ponendosi come voce dei senza voce. Si spegne a Palermo il 23 luglio del 2004.


Alcune sue poesie tratte da "PAESAGGI DELL’ANIMA" - Edizioni ASLA Palermo 1990.


IL MIO MONDO


Il mio mondo…è un deserto lembo tra incerti barlumi di luci,
è un solitario sentiero sospeso tra silenziosi rami ove si nascondono le mie lacrime…


Il mio mondo…una lunga prigione che attende l’ampio respiro di libera strada,
è bambina che ha sete di una riposante carezza…


Il mio mondo…lo circonda una siepe di cieli spezzati,
frantumi di un sogno che mai qui sarà appagato…


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INCERTEZZA


Incerta io avanzo tra due filari di tenebre,
mi guida l’oscurità della notte…
Fragile il mio cielo, che sapora di polvere e pietre.


Oh! L’alba…
Quando godrò la radiosa alba? Nulla ho con me come dono, se non un piccolo cuore: mi han derubata di tutto. Sarà di certo gradito perché arde ancora…
Non l’hanno distrutto le chiuse porte e finestre…


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SOLITUDINE


Solitudine, o vasta e profonda solitudine,
tu mi appari come i verdi cipressi e tieni prigioniera l’anima che nell’amara angoscia sembra pian piano scivolare.


Tu sei la mia ombra e il mio silenzio.
A volte sparisci lentamente e allora splende la speranza.


In te si adagia muto ogni umano dolore e ogni segreta speranza;
in te mi rifugio nel silenzio mattutino…


Solitudine, tu non hai nido, non hai volto.
Coinvolgi e uccidi ma sei anche luce, tenebre e mistero…




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