L’odore di Palermo -( Lu sciàvuru di Palermu )

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SPEDALE MARIO SPEDALE MARIO Pubblicato il 25/05/2006
<b>L’odore di Palermo</b> -( Lu sciàvuru di Palermu )

L’odore di Palermo -( Lu sciàvuru di Palermu )

Una volta, quando da Alia con l’autobus si arrivava a Piazza Maggione a  Palermo, la prima cosa che si faceva, quasi per devozione a Santa Rosalia, era di comprare un bel panino con le panelle, dal panellaro che si trovava in piazza.

L’olio di semi fritto e rifritto non veniva mai cambiato, ma semmai aggiunto, tanto che l’odore intenso riempiva tutto il quartiere. I palermitani, che si erano abituati a questo odore, non lo sentivano, mentre chi veniva dalle campagne, dove l’aria era ancora pulita e sentivano quell’odore intenso di olio fritto e rifritto, lo chiamavano “ l’odore di  Palermo “. Ma le panellle avevano un buon sapore e il pane di farina bianca che l’accompagnava, sembrava caramelle.

Finito di mangiare, il paesano, beveva un bicchiere di acqua ed anice, che acquistava dall’apposito venditore che si trovava sempre nella stessa piazza, e si sentiva in paradiso, perché non era abituato a quei sapori . Ora io vi voglio insegnare, come io stesso l’ho appreso dal libro di “Antonio Cardella – Sicilia e le isole in bocca “, come si fanno le panelle.

Le Panelle

In mezzo litro di acqua salata fredda, fate sciogliere 200gr. di farina di ceci'>farina di ceci. Ponete il recipiente sul fuoco e, sempre rimestando, lasciate cuocere la farina sino ad ottenere una pasta-artigianale'>pasta piuttosto solida e compatta.

Aggiungere del prezzemolo tritato, togliere dal fuoco e spalmare la pasta-artigianale'>pasta nelle apposite formelle di legno ( se si è sforniti, si può usare il fondo dei piatti piani bagnato, oppure qualunque superficie piana, anche in legno e, poi tagliare secondo la forma rettangolare, tipica delle panelle ), che misurano, su per giù, cm 4x8.

Quando la pasta-artigianale'>pasta si sarà raffreddata, staccatela dalla forma e friggete “ le panelle “ in olio di seme ben caldo, utilizzando possibilmente una friggitrice.

di Mario Spedale


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