Deportato aliese superstite di Auschwitz Ernesto Maggio, l’unico dei tre aliesi, internati in lager nazisti, che sopravvisse allo sterminio.

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Radici & Civiltà

DI NATALE PAOLO DI NATALE PAOLO Pubblicato il 05/03/2008
<b>Deportato aliese superstite di Auschwitz</b>

Deportato aliese superstite di Auschwitz

Ernesto Maggio, l’unico dei tre aliesi, internati in lager nazisti, che sopravvisse allo sterminio.





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La persecuzione e lo sterminio di milioni di ebrei fu – senza dubbio – la più grande tragedia del secolo appena trascorso, anche se non fu la sola.

Essa coinvolse non solo gli ebrei in senso etnico, ma anche quanti si opposero all’affermazione di ideologie politiche soppressive delle libertà democratiche e della dignità umana.

Le radici dell’olocausto vanno individuate, prioritariamente, nell’antisemitismo, che non è nato con il nazismo. L’antisemitismo ha costituito a lungo una ideologia presente in molte parti dell’Europa, giustificata con motivazioni razziali, politiche, sociali ed anche religiose.

Sin dal medioevo serpeggiava in Europa una forma di antigiudaismo fondata sulla accusa agli ebrei di appartenere alla discendenza del così detto “popolo deicida”.

Il 4° Concilio Lateranense, svoltosi nel 1215 sotto il pontificato di Innocenzo 3°, prescrisse, in uno dei suoi canoni, che gli ebrei, residenti in territorio cristiano, erano tenuti a portare sulla veste un segno di distinzione di colore giallo ed a farsi crescere la barba, pena, per i trasgressori, la confisca dei beni se ricchi o il marchio sulla fronte se poveri.

Questa prescrizione venne formalmente recepita dal Parlamento di Messina del 1221 ed applicata in  Sicilia dall’imperatore Federico 2°, che ne era anche il re.
Perfino un santo, quasi contemporaneo (1090 – 1154), Bernardo di Chiaravalle, riteneva normale discriminare gli ebrei, considerando un’ingiuria a Cristo che un figlio dell’ebreo romano e cristiano Pierleoni, eletto papa con il nome di Anacleto II, in opposizione ad Innocenzo II, usurpasse la cattedra di Pietro, come se Pietro e lo stesso Cristo non fossero nati ebrei!

Non per nulla, un grande papa – come Giovanni Paolo II – ha ritenuto doveroso chiedere scusa - “ ai fratelli maggiori “ - per le accuse ingiuste che nel passato erano state loro rivolte.

Pensatori vetero – socialisti come Proudhom e Blanqui non furono del tutto estranei – a fine ottocento – all’antisemitismo sociale.
Veri teorici del razzismo sono riconosciuti: Jean Gobinau, francese, Stewart Chamberlain, anglo – tedesco, Rosemberg, tedesco e con loro Giuseppe Maggiore, italiano, docente presso l’Università di Palermo per non citare i molti altri intellettuali o pseudo tali.

Fino a quando l’antisemitismo ed il razzismo rimangono relegati nell’ambito della speculazione teorica possono essere – al più – considerati delle pure e semplici esercitazioni mentali, anche se pericolose. Ma, quando siffatte ideologie trovano ascolto presso il potere politico statuale, allora la farsa diventa tragedia. L’olocausto ne costituisce la prova più evidente.

Il potere politico dei governi dispone, infatti, di tutti i mezzi di propaganda, di condizionamento e di coercizione per tradurre la teoria in pratica. Con il consolidamento del nazismo in Germania e del fascismo in Italia si operò la saldatura tra teoria e pratica e , per l’effetto, l’ideologia razzista ed antisemita trovò lo strumento idoneo per la sua attuazione.

Nel 1935 vennero emanate a Norimberga le leggi sulla cittadinanza in forza delle quali gli ebrei tedeschi vennero privati dei diritti politici e civili e successivamente della stessa cittadinanza.

Nel settembre del 1938, il regime fascista introdusse in Italia le leggi razziali che avevano come dichiarati destinatari tutti gli ebrei, sia italiani che stranieri, residenti nella penisola e nei territori d’oltremare di giurisdizione italiana.

Il fascismo colpì gli ebrei con un numero infinito di divieti, che ebbero per oggetto ogni aspetto della vita sociale: espulsione dalle scuole pubbliche, dalle associazioni culturali, sportive e ricreative, dall’editoria, dalle professioni di pubblico interesse, dal pubblico impiego e, progressivamente, anche da quello privato.

Dal 1935 al 1940 vennero organizzati i campi di concentramento o lager nei quali venivano, via via, internati gli ebrei rastrellati nei territori tedeschi, italiani e in quelli occupati all’unico scopo di consumarne il genocidio.

Norberto Bobbio, filosofo del diritto e storico della cultura italiana, ha scritto nel 2003:
“Genocidi ce ne sono sempre stati.
Ma sempre come conclusione di guerre di conquista in cui il nemico vinto deve essere cancellato dalla faccia della terra.
Ma nel caso degli ebrei il genocidio è stato predeterminato ed elevato a fine in se stesso.
L’ebreo non è il nemico. E’ il male.
La strage del nemico in guerra può essere paragonata al delitto passionale, istintivo. Il genocidio degli ebrei è un delitto premeditato, preannunziato negli scritti dei nazisti, e scrupolosamente, scientificamente, eseguito.
Si distrugge il nemico per vincere la guerra. Ma la strage degli ebrei a che cosa doveva servire?.
Nelle mie categorie di storico e di uomo di ragione, non trovo una risposta a queste domande.
Non riesco ad arrivare fino in fondo a questo abisso. Che resta insondabile.

Assieme agli ebrei erano internati gli oppositori politici al regime, i socialisti, i comunisti, i sindacalisti, i dissidenti di qualsiasi tendenza compresi cattolici, protestanti e luterani invisi al regime.

Nei campi di sterminio finirono ben presto i militari italiani, travolti dagli eventi bellici, ed abbandonati, dopo la dichiarazione d’armistizio dell’8 settembre 1943, senza ordini e senza capi, traditi dal proprio governo e da una monarchia pavida e trasformista.

Ai nostri militari, catturati dai tedeschi non venne riconosciuto lo status di prigionieri di guerra e così furono privati, anche ,della tutela da parte della Croce Rossa Internazionale.

A partire dal 1943 diverse centinaia di miglia di italiani (militari, partigiani della guerra di liberazione, civili ) furono internati nei campi di sterminio del Terzo Reich. Tra di essi finirono 761 siciliani e , tra questi, i nostri concittadini: Ernesto Maggio, Salvatore Biondolillo e Vito Costanza. Nessuno dei tre aveva origini ebraiche, ma vennero catturati ed internati: Ernesto Maggio per attività antifascista, Biondolillo e Costanza perché ritenuti lavoratori politicamente infidi.

Ernesto, Gabriele, Lorenzo Maggio nacque ad Alia il 16 dicembre del 1914 da Ignazio e Giuseppina Catalano. La famiglia abitava nella via Santa Croce al civico 11. Il padre esercitava le funzioni di cancelliere presso la locale Pretura.

La famiglia Maggio è ben rappresentata nella storia di Alia. Lo stesso Ernesto nel suo ultimo libro, in gran parte autobiografico, dal titolo “Le icone di Rudy”, annovera tra i suoi antenati quel Giuseppe Maggio che fu protagonista avventuroso dei tumulti aliesi del 1848 nonché Ignazio Maggio, affiliato alla Vendita carbonara che, pare, esistesse in Alia agli inizi del 1800. Le vicende di questi personaggi sono ampiamente trattate dal nostro Eugenio Guccione nella su pregevolissima e documentata Storia di Alia dal 1615 al 1860.

La famiglia di Ignazio Maggio era piuttosto numerosa, ridotta a modeste condizioni economiche e funestata dalla prematura morte della moglie avvenuta nel giugno del 1917 per complicanze di un parto gemellare.
Egli aveva già sperimentato, senza successo, la via dell’emigrazione in America. Fu quindi, inevitabile lo smembramento della famiglia.

Nel 1927 si trasferiscono a Torino il fratello maggiore di Ernesto (Giuseppe) e la sorella Maria, seguiti nel 1931 dallo stesso Ernesto e, quindi, dall’ultimo fratello Aurelio.

Sono parole struggenti quelle con le quali Ernesto Maggio descrive l’addio al suo paese natio. Non vi sarebbe più tornato.

A Torino collabora il fratello Giuseppe nella attività di sarto e, contemporaneamente, si dedica allo studio. Nel 1938 si unisce con una giovane coetanea della quale mi risulta solo il nome : Nuccia.

L’emanazione delle leggi razziali da parte del governo fascista sconvolge la vita della giovane coppia. La compagna, infatti, apparteneva ad una famiglia di antica ascendenza ebraica. Si pose subito il problema di trovare un sicuro rifugio alla compagna per sottrarla alle conseguenze della persecuzione razziale. Egli intanto era stato richiamato alle armi ed impiegato nelle operazioni belliche sul fronte italo-francese.
Rientrato a Torino, apprende che il fratello Aurelio si era arruolato nei Gruppi di Azione Partigiana (GAP), che alimentavano la Resistenza piemontese alle forze di occupazione nazista ed ai fascisti della repubblica di Salò.

Anche Ernesto Maggio decide di aderire alla Resistenza e, quale combattente, partecipa attivamente a diverse azioni di guerriglia e sabotaggio finché non è catturato. Così egli descrive, in terza persona, il suo arresto : “Nella mattinata del 18 settembre, di ritorno da una delle solite riunioni,….venne improvvisamente fermato da quattro militi delle SS i quali lo immobilizzarono e lo ammanettarono. I pochi passanti che assistettero alla scena, si diradarono in fretta nelle vie adiacenti come foglie investita da una brusca folata di vento …..Percepì subito la gravità della situazione che non poteva non essere la conseguenza di una delazione…….Il suo interrogatorio si protrasse per tutto il pomeriggio e la notte successiva”.

Sopportò con dignitosa compostezza le rituali sevizie degli aguzzini nazisti, delusi dall’infruttuoso lungo interrogatorio. In carcere apprese che anche la compagna era stata catturata dagli agenti repubblichini e rinchiusa nella stessa casa di pena.

Pochi giorni dopo, sia Ernesto che la compagna vennero internati nel campo di concentramento di Bolzano. Lascio alle parole del protagonista la narrazione di quanto avvenne: “Non appena i deportati vennero avviati nella baracca delle docce, vennero privati dei loro indumenti personali, rasati, numerati e lasciati ad asciugare nella fredda brezza autunnale. Ricevettero un vestito, o meglio, una tuta blu contrassegnata con una X sulla schiena ed un pezzo di tela rossa a forma di triangolo come segno distintivo della loro qualifica di prigionieri politici. Ad Helen venne assegnata una stella di Davide gialla che bollava la sua condizione di ebrea. Il rito della vestizione….. introduceva il deportato ad una nuova condizione esistenziale….. che trasformava la sua identità non solo esteriormente, ma costituiva l’avvio di un processo di degradazione e di annullamento della sua personalità”.

Dal campo di Bolzano la compagna di Ernesto venne trasferita, dopo un lungo e straziante viaggio, nel lager di Bergen – Belsen in Germania. In questo stesso campo, quasi contemporaneamente, aveva trovato la morte la giovane ebrea Anna Frank , il cui Diario costituisce una grande testimonianza di fede nei valori umani, pur nella immane tragedia in fu scritto.

La battaglia per la vita della compagna di E. Maggio ebbe termine alla fine di marzo del 1945. Si spense per consunzione fisica assieme alla creatura che portava in grembo.

Ernesto Maggio da Bolzano fu trasferito nel campo di sterminio di Auschwitz in Polonia. Durante una sosta del lungo viaggio Ernesto tentò la fuga assieme a due compagni di sventura. Ma, dopo tre giorni, affamati e ridotti allo stremo delle forze vennero catturati dagli uomini della Gestapo, picchiati a sangue ed esposti per un giorno ed una notte “alla sgomenta curiosità degli ospiti del campo”.

Non mi soffermo a descrivere le condizioni inumane in cui Ernesto Maggio trascorse i suoi giorni nel campo di sterminio: Erano condizioni comuni a tutti i campi del genere. Avevano come fine quello di sfruttare fino all’esaurimento l’energia lavorativa dei prigionieri per annientare, infine, quel che ancora restava del loro corpo e del loro spirito.

Il 27 gennaio del 1945 i primi soldati russi raggiunsero il campo di Auschwitz. Vi trovarono, ancora, circa 7.000 prigionieri in gran parte moribondi. Tra di essi c’era Ernesto Maggio.

Così egli descrive l’imminenza della sua liberazione: “ Fu una notte che cadde il sipario su quella tragica rappresentazione i cui segni visibili erano costituiti dai cadaveri dispersi sul terreno, dagli ammalati e dagli scampati accidentali, rimasti nelle baracche sempre più gelide. Lorenzo aveva le gambe piagate e non era in grado di camminare. Rimase pertanto nel suo giaciglio in attesa dei liberatori ”.

Dopo la liberazione confessava, talvolta, di nutrire vergogna per essere sopravvissuto a migliaia di uomini e donne migliori di lui e si chiedeva, tra l’altro, perché tanti non si fossero opposti per tempo al trionfo di una ideologia che perseguiva l’eliminazione di milioni di innocenti, di oppositori, di diversi e soprattutto di ebrei, colpevoli soltanto di rappresentare un mondo libero e tollerante.

Rientrato a Torino, Ernesto Maggio riprese a lavorare e studiare fino a conseguire la laurea in Scienze Politiche. Fu insignito della Croce al Merito di Guerra e del Diploma di Onore quale combattente per la libertà d’Italia.

I suoi interessi culturali si concentrarono sui temi della sociologia della conoscenza. Collaborò per diversi anni con la rivista culturale di ispirazione socialista Critica Sociale e pubblicò con successo una raccolta di poesie e due opere in prosa: La caverna di Socrate e Le icone di Rudy.

Ernesto Maggio concluse la sua vita a Torino il 28 agosto del 1995.

Chiudo con le parole di Norberto Bobbio:

“Vorrei almeno – egli scriveva – che ognuno di noi che è stato testimone lasciasse – come fosse un solenne testamento - ai suoi figli, ai suoi nipoti, questo semplice messaggio : Non dimenticate

Mi piace pensare che quando Bobbio ci esorta a “non dimenticare” si voglia riferire anche alle vittime delle stragi e dei genocidi organizzati e consumati – in qualsiasi parte del mondo - da tutti i regimi tirannici e libertici, si chiamassero nazisti, fascisti o comunisti.



Paolo Di Natale


Alia, 27 gennaio 2008



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Nota del Coordinatore:


Cliccando su Gli ultimi testimoni, si ha la possibilità di scaricare, dalla pagina del sito indicato, un filmato (39,8 MB) o il relativo file audio mp3 (10 MB) che trattano il tema della trasmissione della memoria della deportazione nazi-fascista attraverso l'esperienza dell'ex deportato Italo Ribaldi di Vico Canadese (To) e di Robert Bob Persinger, un sergente americano……


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