Il caffè

di Diana Donatelli

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Radici & Civiltà

REPORTER REPORTER Pubblicato il 10/07/2009
<b>Il caffè</b>

Il caffè

“Caldo come l’inferno, nero come l’inchiostro, dolce come l’amore”: così un antico proverbio arabo raccomanda di sorbire il caffè."


di Diana Donatelli



L’origine della bevanda e la scoperta delle sue proprietà sono oggetto di diverse leggende come quella in cui si racconta che Allah stesso abbia preparato la calda e nera bevanda e che abbia ordinato all’arcangelo Gabriele di offrirla a Maometto per evitare che costui, stanco, si assopisse. La bevanda avrebbe suscitato una forza tale nel profeta da “disarcionare quaranta uomini e rendere felici quaranta donne”. All’origine divina del caffè si contrappone un’altra leggenda più terrena che narra come alcune capre di un convento islamico dello Yemen dopo aver brucato delle bacche rosse di un cespuglio saltarono freneticamente per una notte intera. Il priore informato del fenomeno gettò le diaboliche bacche nel fuoco. A contatto con le fiamme si spriginiò da esse un’aroma intenso e piacevole che indusse il priore a recuperarle e metterle a bagno in acqua. Da qui alla bevanda il passo fu breve. I dervisci del convento bevendo kahwa pregavano tutta la notte senza addormentarsi.

Di certo si sa che all’inizio del ‘600 furono i mercanti arabi a far conoscere agli Europei insieme alle spezie e alla seta, il caffè.
Qualche decennio più tardi i primi sacchi colmi di chicchi di caffè sbarcarono dalle navi della Repubblica di Venezia che per prima ne fece commercio importandoli dal Medio Oriente e dall’Etiopia.
La storia del caffè, prodotto simbolo del sud del mondo, si svolge parallela alla geografia del colonialismo prima, del neo colonialismo poi e quindi del capitalismo.
Fino alla fine del XVII secolo i paesi europei importarono il caffè dal Medio Oriente. Gli alti costi dell’importazione e l’aumento del consumo della bevanda indussero le potenze europee a coltivare il caffè nelle loro colonie tropicali. La scoperta del Brasile da parte del navigatore portoghese Pedro Alvares Cabral diede ai Lusitani un territorio ideale per impiantare le coltivazioni di caffè; ma anche uno sciagurato primato, quello di utilizzare schiavi africani come mano d’opera nelle piantagioni. Un terribile commercio intercorse allora fra gli Spagnoli che non possedevano terre idonee alla coltivazione del caffè e i Portoghesi. Navi spagnole con ammassati nelle stive centinaia e centinaia di Africani portati via a viva forza dai loro villaggi sulle coste atlantiche, solcavano l’Oceano per sbarcare la loro merce umana sulle coste brasiliane e scambiarla con sacchi di caffè.

Attualmente il mercato del caffè è in massima parte sotto il controllo di multinazionali operanti nel nord America e in Europa. L’esistenza di numerosi produttori sparsi in varie parti della terra impedisce che le condizioni climatiche sfavorevoli privino il mercato del caffè.
La pianta del caffè è un arbusto alto fra i due e i tre metri, ha foglie opposte appuntite con grappoli di fiori bianchi profumati. Il frutto è una drupa rossa con all’interno due semi grigi giallastri convessi da una parte e piani, con un solco longitudinale, dall’altra. I frutti colti ben maturi, vengono fatti essiccare all’aria per separare i semi dalla polpa.

E’ la torrefazione che sprigiona il tipico aroma dato dalla caffeina che è un alcaloide volatile. Un caffè ben torrefatto è nero dorato mai nero brillante. L’ultima operazione è la macinazione che dovrà dare una polvere più o meno fine secondo se si intende preparare un caffè arabo o un caffè all’occidentale. Il caffè è una bevanda ricca di carboidrati, proteine e caffeina; questa esercita, preso in dosi moderate, un’ azione tonica e stimolante sul cuore e il sistema nervoso.

Due varietà di caffè assicurano il 95% della produzione mondiale: l’Arabica e la Robusta. L’Arabica considerata migliore ha i grani allungati, ovali e piatti e prospera nelle regioni tropicali, dai 300 ai 2000 metri di altitudine, dell’America meridionale e centrale e dell’Africa orientale. L’Arabica dà una bevanda delicata, ricca di aroma con una percentuale di caffeina modesta; è coltivata anche in Colombia dove dà un caffè dal gusto fine un po’ acido, ricercato dai conoscitori. Il Robusta dai grani più piccoli, irregolari e convessi con un tenore di caffeina molto più elevato dà una bevanda forte e più amara. La Robusta è coltivata prevalentemente nelle regioni pianeggianti dell’Africa e dell’Asia. Si ottengono poi caffè più o meno amari facendo delle misture.

Nel 1420 già si beveva caffè ad Aden, da qui l’uso della bevanda passò in Siria e poi a Costantinopoli dove nel 1554 fu aperto un caffè da due mercanti siriani che lo chiamarono “Scuola di persone colte”, denominazione che rivela il connubio esistente fin dall’origine tra la consumazione del caffè e la discussione letteraria e politica. Della diffusione della bevanda in Turchia abbiamo le testimonianze di alcuni ambasciatori italiani che nel ‘600 citano l’acqua nera derivata dai grani chiamati kahwé. e quella dell’umanista romano Pietro della Valle “pellegrino in Oriente” che, sempre in quegli anni, scriveva all’amico Scipano, in un’epistola inviata da Costantinopoli, della bevanda corroborante e dell’intenzione di riportare in patria del caffè.

In Francia fu l’ambasciatore della Suprema Porta, Solimano Agha, che nel 1669 lo introdusse alla Corte di Luigi XVI. Una ventina di anni dopo l’invenzione del mulino per “l’ arome nouveau” contribuì decisamente alla diffusione del caffè. Fu però solo alla fine del XVII secolo che nella società francese si prese l’abitudine di servire caffè a fine pasto. Le caffetterie a Parigi si connotarono come luoghi di cultura come il “Café Procope” che fu la culla dell’illuminismo e anche luoghi dove si faceva politica, come il “Café Foy” che durante la rivoluzione fu teatro di comizi e centro organizzativo di manifestazioni.
Nel 1789 con la possibilità alle donne di frequentare le caffetterie dalle quali erano state sempre escluse e con la creazione della milizia nazionale si confermò ancor di più il successo dei caffè. Bisogna però aspettare il 1860 perché si stabilisca il consumo della bevanda a tutti i livelli sociali tanto da essere addirittura introdotta nelle razioni militari. Il caffè divenne così popolare un Francia che per definirlo fu coniato il termine argot di “jus”. Nel corso dell’800 il caffè parigino divenne Cafè concert o chantant : famoso fra tanti fu il “Cafè des Aveugles” così chiamato perché i suonatori erano ciechi
A Londra le botteghe del caffé nel 1674 erano frequentate soprattutto da uomini di affari ed erano luoghi di comunicazione: vi si leggevano i giornali e vi si discuteva di politica ed economia.
In Germania se ne ebbe una rapida diffusione ma non ci furono caffetterie importanti come a Parigi e a Londra benché sembra che proprio in un caffè di Lipsia Joan Sebastian Bach abbia suonato tra l’altro la Koffeekantate.
In Italia la prima “bottega del caffè” fu aperta nel 1645 a Venezia alle Procuratie Vecchie. La moda di questi locali a Venezia ebbe una così larga diffusione che nel 1759 se ne contavano 206. Al 1720 risale l’attuale “Caffè Florian”, al quale Goldoni si ispirò per la sua commedia “La bottega del caffè”. Assiduo avventore del Florian fu il poeta romantico George Byron e il poeta Alfred De Musset.

A Roma uno dei più celebri è il “Caffè Greco" fondato da un levantino nel 1760 nella centralissima via Condotti. Ai tavoli di questo rinomato caffè si sono avvicendati scrittori come il russo Gogol, il francese Stendhal, il filosofo tedesco Schopenhauer.
E ancora a Roma in Piazza del Popolo si fronteggiano il caffè Rosati e il caffè Canova dove fino ad alcuni decenni orsono si davano appuntamento poeti, letterati, pittori.
Il mondo del caffè luogo di incontro, di discussione dove scrittori come Gogol buttavono giù appunti per romanzi, dove si animavano dibattiti politici e letterari è del tutto scomparso. Ora il caffè è soprattutto diventato il luogo deputato a sorbire qualcosa se non addirittura a consumare un pasto e tutto al più qualcuno sfoglia il giornale.
Un momento, però.... giorni orsono, attraversando il Pantheon, ho scorto lo scrittore francese Gerard Oberlé che seduto al tavolo di un caffè era intento a riempire con una grafia minuta e precisa le pagine del suo quaderno di appunti.



Diana Donatelli

tratto da www.babelmed.net (il sito sulle culture mediterranee)


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