Testimonianze delle comunità aliesi (1860-1932) XIII^ parte

Radici & Civiltà

REPORTER REPORTER Pubblicato il 11/09/2005
<b>Testimonianze delle comunità aliesi (1860-1932)</b> XIII^ parte

Testimonianze delle comunità aliesi (1860-1932) XIII^ parte

Emigrazione verso gli Usa
Testimonianze delle comunità aliesi (1860-1932)



Tesi di laurea della dott.ssa Cristina Guccione.


XIII^parte

CAPITOLO IV

Gli italo-americani d’origine aliese sono tra i primi a impegnarsi per la buona riuscita della festività di San Giuseppe e per l’osservanza della tradizione nel suo duplice aspetto religioso e gastronomico.

Essi si prodigano in ogni modo e non nascondono l’orgoglio di avervi contribuito. Gli aliesi, in altri termini, sono consapevoli d’avere dato un notevole impulso alla conservazione di questa e di altre tradizioni. Riconoscimenti in tal senso provengono loro da tutte le parti, come quello autorevole del rev. Anthony J. Rousso, docente di storia nelle Scuole Cattoliche e appartenente alla Curia Vescovile di Baton Rouge, il quale, dopo avere rilevato che «when the student of history, during the course of research, delves into the ancient records of different nations and peoples, he finds that their customs stand out most prominently» e dopo avere ricordato che «when the Italians came to America, they brought many of their customs with them» e che, per il suo significato storico e per la sua importanza sociale, la «Saint Joseph Tables or [...] more frequently called Saint Joseph Altars, [...] always remained most popular » indica proprio Alia come fonte primaria dell’antica tradizione siciliana .

«In the little town of Alia, Sicily, - egli scrive testualmente - there is church named St. Joseph’s. On the 19th of March, the faithful flock to it in order to pay honor to St. Joseph by hearing Mass and going to Communion. Mass having ended, the good people gather for a procession. A large statue of the Saint is placed on a platform and those taking part visit the different Altars, where food is distributed to the poor. The large loaves of bread are broken and given to those who care for it. This bread is kept in the home the same as Blessed Palm. Tradition or legend has it, that in several instances during storms, a piece of it, thrown out into the weather, calmed the winds and rains. It has been related of a pious soul that, during a severe storm, her home was in danger of collapsing. She broke a portion of this bread into four pieces, then placed a piece in each corner of the house and at once the violent trembling of the building ceased. The occupantes immediately fell on their kness and gave thanks to God who protected them through His great Saint» .

Si è voluta riportare la lunga citazione non solo perché vi si trovano ulteriori elementi in aggiunta a quelli conosciuti tramite altre testimonianze, ma anche perché Alia è considerata da Anthony J. Rousso come una delle fonti originarie della tradizione concernente la festività di San Giuseppe e non può essere ignorata dal sociologo interessato allo studio delle tradizioni o dallo storico attento alla ricostruzione del passato. Ciò, d’altra parte, spiega l’impegno degli italo-americani aliesi nel tutelare un’usanza che, in certo qual modo, li riporta in casa o, quanto meno, consente ai più anziani di loro di ricreare un clima identico a quello lasciato nel paese natio e ai più giovani di immaginarlo.

Anche in campo strettamente gastronomico alcuni piatti - e non solo quelli tradizionali della festività di San Giuseppe - ci riportano ad Alia. È significativo il fatto che la giornalista la quale cura sull’ «Italian American Digest» la rubrica Cooking all’Italiana, Phyllis Ditta, sia oriunda da Alia e che, descrivendo e consigliando determinate bibite e pietanze, si richiama spesso alle ricette della nonna o della madre. E non solo. Perché, come si legge in uno dei suoi articoli di folclore, con il quale introduce la classica ricetta degli Italian Almond Macaroons,

«On college application - essa scrive - in the blank requesting nationality, I stated Italian! My brother corrected and informed me I was American. I questioned that, since we have always referred to ourselves as Italian. Baby, he said, you were born here. In fact, my parents were also born in the United States but we deeply rooted in the ethnic community in which we lived called Harrey, Louisiana. Our customs were those of the old country. All but one of my grandparents were from a town in Sicily, west of Palermo, called Alia». Phyllis Ditta, nel raccontare la storia della sua famiglia, che, per molti aspetti, come lei dice, è comune a quella di tanti altri emigrati, così continua : «As my brother tells the story of grandfather Ditta, his family lived next door to a macaroni factory in Alia and when a wall collapsed, killing his sibling, his mother used the funds from the settlemen as an opportunity to send her offspring to America. Great-grandmother suggested my grandfather to bring his twin sister, Sarah, to America so she could meet someone and marry and live in the new country, therefore buying one rould-trip and one-way tickets. Grandfather suggested buying three one-way tickets, taking his brother Sam, and work here to earn return passage back to Sicily. So it was, but Gramp had other intentions. He often stated, When they threw the rope disconnecting the boat from shore, I waved good-bye to Sicily, knowing I would never return to the impoverished soil of my birth» .

La storia della famiglia Ditta continua attraverso il racconto di Phyllis, una delle sue ultime discendenti, americana di nascita e - come lei stessa ha confessato - italiana «per aspirazione». La giornalista trova immenso piacere nel fare conoscere ai lettori le vicende dei suoi genitori, dei suoi nonni e dei suoi bisnonni, la cui vita, per la verità, non è segnata da grandi fatti. Ci torna spesso, nel corso dei suoi articoli, a parlare di Alia, delle sue origini, a dare notizie sempre nuove sulla sua famiglia. E lo fa con il gusto del giornalista che ama suscitare interesse nell’opinione pubblica, e, soprattutto, con l’orgoglio di chi vuole fare sapere che le proprie radici, anche se povere, sono italiane, sono «From Italy», ossia – come era solito specificare il vecchio Teresi - la terra di Dante, di Colombo e di Mazzini.




3. – Impegno e «projects» di Mr. Vincent Dispensa

La vita sociale delle comunità aliesi negli Stati Uniti d’America, specialmente quella della Louisiana, continua a svolgersi sulla scia dei primi emigrati e nel rispetto dei valori da loro trapiantati nella nuova terra. Certo, le condizioni economiche degli italo-americani di origine aliese sono oggi ben diverse di quelle dei loro antenati, il cui presente era fatto di sacrifici e di avventure e il loro futuro appariva quasi sempre incerto e rischioso, ma, come in gran parte si è visto, esiste nella memoria delle nuove generazioni un forte legame spirituale con le precedenti e, di conseguenza, è ancora vivo in loro il richiamo della propria origine. E tutto ciò anche con il paradosso che Alia, in bene o in male, non conserva più l’identica immagine di un tempo. E magari, per certi aspetti, gli emigrati o i figli e i nipoti degli emigrati che spesso vengono a visitarla, vanno incontro a forti delusioni.

A tenere alti i nomi di Alia e della Sicilia, nonché dell’Italia tutta, in terra di Louisiana, è Mr. Vincent Dispenza, un dinamico sessantanovenne, che, con la moglie Mary Danna, oriunda da Cefalù, vive a Baton Rouge, 8951 Tallyho Ave. Egli, più per scelta che per necessità, è emigrato da Alia negli anni ‘60 e, stabilendosi nella capitale della Louisiana, ha lavorato per più di un trentennio presso l’amministrazione di un supermarket e, ora, in pensione, non avendo figli, si dedica a tempo pieno ad un’attività socio-culturale per i rapporti tra gli emigrati all’interno della comunità aliese e tra questa e il paese d’origine. Suo campo d’azione è prevalentemente la Louisiana, ma i suoi contatti giungono in tutti gli Stati dell’Unione, del Canada e dell’America Meridionale, laddove risiedono oriundi aliesi.

Ecco come Mr. Vincent Dispenza si presenta nel suo sito internet (http://www.thesicilian.8k.com) : «I was born in Alia (Palermo), Sicily in 1932 and attended school at Cefalù, Sicily. In 1965, I immigrated to the United States to live in Baton Rouge, LA. Five years later I became an American citizen. And in 1978 I married a “bella ragazza” from Baton Rouge - Mary L. Danna. In 1991, I retired from A&P Supermarket and I am really enjoying my retirement. I am «Sicilian by birth - American by choice».

Mr. Dispenza è figura ben diversa da Matteo Teresi, ma lo spirito che anima le sue iniziative ha qualcosa in comune con il «missionario mazziniano». Vincent Dispenza è cattolico praticante e una parte della sua attività si svolge attraverso i canali della Chiesa. Collabora, per esempio, a «The Catholic Commentator», il giornale della diocesi di Baton Rouge, e a «La Voce», il periodico della comunità ecclesiale di Alia, e, tramite questi due diffusi organi di stampa, ai quali va unito il laico «Italian American Digest», raggiunge, con i suoi interessanti articoli e con le sue coinvolgenti iniziative, gran parte dei cittadini americani di origine aliese.

Nel 1992 la comunità siciliana della Louisiana, grazie a un’iniziativa promossa e realizzata da Mr. Dispenza, si inserì in maniera concreta nelle solenni celebrazioni del «Columbus Day» e, in particolare, nei festeggiamenti per commemorare il cinquecentenario della scoperta del Nuovo Continente. Il 12 ottobre di quello stesso anno, infatti, a Baton Rouge veniva inaugurato, nella centrale Piazza del Parlamento, un monumento a Cristoforo Colombo.

La statua, alta dieci piedi, era stata realizzata grazie a un apposito Comitato, sorto tra i soci della «Greater Baton Rouge American Italian Association» e presieduto da Mr. Dispenza, grazie al carisma e alla solerzia del quale fu possibile raccogliere tra gli italo-americani, nel giro di pochi mesi, la somma richiesta dallo scultore per l’esecuzione dell’opera, ossia 60 mila dollari, corrispondenti a quasi 72 milioni di lire del tempo. La statua fu scolpita in marmo a Pietrasanta, in provincia di Carrara, dall’artista Franco Alessandrini, che ufficialmente risiede a New Orleans. Ai piedi del monumento una lapide in marmo ricorda i nomi di coloro che contribuirono a realizzarla o quelli dei loro antenati stabilitisi, per primi, in Louisiana.

I nomi degli aliesi, ivi scolpiti, per lo più in memoria dei pionieri, sono i seguenti: Anthony Alello Family, Louis and Mary Barcellona, Nunzy and Josephine P. Cardinale, Vincenzo and Liboria Chimento, Salvatore and Paolina Dispenza, Vincenzo Dispenza, Paul and Lucille Granata, Tony and Mary Lamendola, Anthony and Josephine Lo Savio, Rosolino Maggio Marchiafava, Calogero Mascarella Family, Kelly Michelli Family, Stefano and Peter Nasca, Salvador and Concetta Politz, Dominic and Mary Grace Spedale, Giuseppe and Michelina Spedale, Vincent and Mary C. Spedale, Ciro and Pietra Territo.

Sempre nel citato sito, Mr. Dispenza spiega nel seguente modo il significato di questa sua iniziativa : «As I stated previously, my interests are very much Italian, anything related to Italy or Sicily, my birthplace. Therefore, having immigrated to America in 1965, I became interested in my local surroundings. In Baton Rouge, Louisiana, where I live I noticed that there was no statue dedicated to Christopher Columbus. My vision was to erect a statue in his honor and dedicated to our Baton Rouge area Italian immigrants. Funds were raised and on October 1992, the 500th Anniversary of the discovery of America, a marble statue sculptured by New Orleans artist Franco Alessandrini, was erected. My dream came true. The statue is located near the banks of the Mississippi River in downtown Baton Rouge (at the beginning of Government Street and River Road) and a plaque lists all the contributors of this wonderful project».


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