la mammana

Radici & Civiltà

REPORTER REPORTER Pubblicato il 16/10/2005
<b>la mammana</b>

la mammana


    Il pianto di un bimbo che nasce è sempre motivo di stupore, si tralasciano i vari psicologisrni che lo vorrebbero pianto di dolore, per l'abbandono della condizione di simbiotica beatitudine con la madre, e si gioisce del pianto perché primo segnale di una nuova vita.
    Questa gioia. a parte alle madri, è concessa ad un’ altra figura fondamentale, che "tempu anticu" era detta "la mammana", che poi diventò "la levatrici" che oggi infine è l’ostetrica."Le mammane" imparavano il loro mestiere, nel migliore dei casi, seguendo una sorta di "corso professionale" che si svolgeva presso alcuni ospedali di città: alla fine di questo "stage" ricevevano un attestato che le abilitava alla professione.
    In altri casi - forse i più comuni - imparavano dalla semplice osservazione delle "levatrici". più esperte - magari le loro madri - che avrebbero trasmesso loro tutti i segreti di questo mestiere; o, ancora poteva succedere che, in certe circostanze d' emergenza, fossero il bisogno e la necessità a farla da padrone e così, volenti o nolenti, ci si doveva improvvisare ostetrici e alla fine anche i più fifoni, di fronte alle doglie di una partoriente, avrebbero dovuto fare del loro meglio - si pensi per esempio alla figlia di "Mamy" in "Via col vento" -.
    Erano, infatti, tempi duri per quanto riguarda la "comunicazione a distanza" o i servizi di trasporto. Immaginate che poteva anche capitare di partorire nel bel mezzo di una passeggiata in campagna…Nei casi migliori invece, la futura mamma veniva curata ben benino a casa propria. Le si preparava un buon "brodu di palummieddu cauro", qualche bicchiere di cognàc come anestetico, panni caldi e acqua disinfettata con le pillole di "sublimato".
    A quel punto era il turno della madre e del piccolo nascituro e, tra le attese del padre e dei parenti più prossimi, tra i consulti del vicinato e i loro pronostici sul sesso del piccolo, tra l'eccitazione dei bambini mandati fuori ad aspettare col naso in sù l'arrivo della cicogna, finalmente si sentiva il sospirato pianto, una bottarella sulle spallucce e la dichiarazione definitiva: "è un maschio!" oppure: "è una femminuccia!" - e, si sa, nel secondo caso non era proprio quello che si sarebbe detto un lieto evento! -.
    Le levatrici, a questo punto, si preoccupavano di pulire madre e bambino e di sistemare con un po' di seta l'ombelico del piccolo. Questa operazione, pare fosse particolarmente significativa., e ancora di più il suo risultato finale; ad Alia si dice, infatti, che si "lu uddìcu talìa a 'gghiri a muntata, è genti allegra e fortunata" si talìa a 'gghiri a pinnina sunnu sfurtunati d’ammatina". Il compenso andava dalle 25 alle 50 lire, accompagnato - o sostituito - da qualche regalo "in natura" - formaggio, vino, uova, galline...- . Per chi si trovava a corto di liquidi o di altri beni, alias era povero, esisteva una "mammana" pagata dal Comune detta "la cumunali".

    Al momento del battesimo "la mammana" teneva il bimbo tra le braccia e gli scopriva il capo per la benedizione. I padrini, quindi, avevano l'onere di fare un regalo - possibilmente in denaro - sia a lei che "a lu parrinu chi vattiava e a lu saristanu chi dava fuocu", in questo ultimo caso il regalo-compenso era proporzionato al numero di candele che accendeva. A volte, la povertà o il lutto recente facevano sì che "lu picciriddu " fosse "vattiatu a lu scuru", e quindi con la breve luce di una sola
    candela.
    "A tiempu anticu a l'Alia c'erano due mammane: la za' Giustina, ca' era cumunali, e la signura Amalia ca ' mmeci era privata. La za' Giustina" si ricorda come una infaticabile signora "cu la vistina a cintu e lu falari e, nni la sacchetta, la pastigghia di sublimatu" che tirava fuori all'occorrenza per disinfettare l'acqua "di lu vacili" con cui avrebbe lavato madre e bambino. Le proprie mani e un paio di forbici, un po' d'acqua e qualche panno caldo, gli unici attrezzi del mestiere e, se proprio fosse servito il medico, nel caso, per esempio, di qualche complicazione, si poteva sempre chiamare "lu dutturi Napuli".
    Senza dubbio un mestiere delicato quello della "mammana" , della "levatrice" o dell'ostetrica che dir si voglia, delicato e pregno di segreti, come quelli legati alle "nascite clandestine". A proposito…si vocifera che qualcuno stia cercando un "fatidico quaderno" in cui queste nascite sarebbero state segnate…perciò state bene attenti, drizzate le orecchie e aguzzate lo sguardo perché, tra qualche giorno, potremmo vederne delle belle!
    di Laura Seragusa
    pubblicato in " La VOCE della Mamma " di Alia, nr.3/99, pag. 13





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