Voci Siciliane

VICARI LUCIO VICARI LUCIO Pubblicato il 15/06/2011
Qualcuno era comunista qualcuno era comunista perché era nato i

Qualcuno era comunista qualcuno era comunista perché era nato i

Qualcuno era comunista qualcuno era comunista perché era nato in Sicilia. Qualcuno era comunista perché il nonno, lo zio, il papà… la mamma no. Qualcuno era comunista perché vedeva la Russia come una promessa, la Cina come una poesia, il comunismo come il “Paradiso Terrestre”. Qualcuno era comunista perché si sentiva solo. Qualcuno era comunista perché aveva avuto un’educazione troppo cattolica. Qualcuno era comunista perché il cinema lo esigeva, il teatro lo esigeva, la pittura lo esigeva, la letteratura anche… lo esigevano tutti. Qualcuno era comunista perché: “La storia è dalla nostra parte!”. Qualcuno era comunista perché glielo avevano detto. Qualcuno era comunista perché non gli avevano detto tutto. Qualcuno era comunista perché prima era fascista. Qualcuno era comunista perché aveva capito che la Russia andava piano ma lontano. Qualcuno era comunista perché Berlinguer era una brava persona. Qualcuno era comunista perché Andreotti non era una brava persona. Qualcuno era comunista perché era ricco ma amava il popolo. Qualcuno era comunista perché beveva il vino e si commuoveva alle feste popolari. Qualcuno era comunista perché era così ateo che aveva bisogno di un altro Dio. Qualcuno era comunista perché era talmente affascinato dagli operai che voleva essere uno di loro. Qualcuno era comunista perché non ne poteva più di fare l’operaio. Qualcuno era comunista perché voleva l’aumento di stipendio. Qualcuno era comunista perché la borghesia – il proletariato – la lotta di classe. Facile no? Qualcuno era comunista perché la rivoluzione oggi no, domani forse, ma dopo domani sicuramente… Qualcuno era comunista perché: “Viva Marx, viva Lienin, Viva Mao Zetung”. Qualcuno era comunista per fare rabbia a suo padre. Qualcuno era comunista perché guardava sempre RAI TRE. Qualcuno era comunista per moda, qualcuno per principio, qualcuno per frustrazione. Qualcuno era comunista perché voleva statalizzare tutto. Qualcuno era comunista perché non conosceva gli impiegati statali, parastatali e affini. Qualcuno era comunista perché aveva scambiato il “materialismo dialettico” per il “Vangelo secondo Lienin”. Qualcuno era comunista perché era convinto d’avere dietro di sé la classe operaia. Qualcuno era comunista perché era più comunista degli altri. Qualcuno era comunista perché c’era il grande Partito Comunista. Qualcuno era comunista nonostante ci fosse il grande Partito Comunista. Qualcuno era comunista perché non c’era niente di meglio. Qualcuno era comunista perché abbiamo il peggiore Partito Socialista d’Europa. Qualcuno era comunista perché lo Stato peggio che da noi solo l’Uganda. Qualcuno era comunista perché non ne poteva più di quarant’anni di governi viscidi e ruffiani. Qualcuno era comunista perché piazza Fontana, Brescia, la stazione di Bologna, l’Italicus, Ustica, eccetera, eccetera, eccetera. Qualcuno era comunista perché chi era contro era comunista. Qualcuno era comunista perché non sopportava più quella cosa sporca che ci ostiniamo a chiamare democrazia. Qualcuno credeva di essere comunista e forse era qualcos’altro. Qualcuno era comunista perché sognava una libertà diversa da quella americana. Qualcuno era comunista perché pensava di poter essere vivo e felice solo se lo erano anche gli altri. Qualcuno era comunista perché aveva bisogno di una spinta verso qualcosa di nuovo, perché era disposto a cambiare ogni giorno, perché sentiva la necessità di una morale diversa, perché forse era solo una forza, un volo, un sogno, era solo uno slancio, un desiderio di cambiare le cose, di cambiare la vita. Qualcuno era comunista perché con accanto questo slancio ognuno era come più di se stesso, era come due persone in una. Da una parte la personale fatica quotidiana e dall’altra il senso di appartenenza a una razza che voleva spiccare il volo per cambiare veramente la vita. No, niente rimpianti. Forse anche allora molti avevano aperto le ali senza essere capaci di volare, come dei gabbiani “ipotetici”. E ora? Anche ora ci si sente come in due, da una parte l’uomo inserito che attraversa ossequiosamente lo squallore della propria sopravvivenza quotidiana e dall’altra il gabbiano, senza più neanche l’intenzione del volo, perché ormai il sogno si era rattrappito. Due miserie in un corpo solo.

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