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Cenni storici su BISACQUINO

Geografia


Bisacquino si trova all'interno della Sicilia occidentale, quasi all'estremo lembo meridionale della provincia di Palermo. E' facilmente raggiungibile da Palermo e Sciacca alle quali è ben collegata con le due strade panoramiche 188/c e 189/c e da cui dista rispettivamente Km. 75 e Km. 57. Aggrappata alle falde del monte Triona, (massiccio calcareo compatto del Trias), alto mt. 1.215, conta circa 7.000 abitanti e si eleva di ben 700 mt. sul livello del mare.

La Storia

L'incertezza etimologica del nome Bisacquino, dal latino "Bis-aqua" (ricco d'acqua) o dall'arabo "Buseckuin" (padre del coltello, ma anche molto acquoso), evidenzia la scarsa documentazione storica sull'origine del paese. Un fatto è, però, certo: sia l'etimologia latina sia quella araba confermano l'abbondanza delle sorgenti d'acqua del luogo, dove si presume sorse e si sviluppò il paese in seguito ad insediamenti arabi conseguenti alla conquista saracena dell'isola. E' certo che alla sbarco in Sicilia nell'anno 827, gli Arabi, dopo avere, in breve tempo, conquistato l'isola la divisero in tre province chiamate "Valli": Mazara, Demone, Noto. Bisacquino appartenne al vallo di Mazara. Di tali insediamenti, detti casali, rimane testimonianza a pochi chilometri da Bisacquino, nei suggestivi ruderi del castello "Battellaro". Esso risale all'epoca in cui il nome "Buseckuin" comincia a comparire nei documenti storici come casale facente parte di una delle tre province in cui i Saraceni divisero l'isola durante il loro dominio: siamo verso l' 840 d.C.. Nel 1183, appena terminata la costruzione del Duomo Normanno di Monreale, Bisacquino fu infeudata al Vescovado di Monreale dal re Guglielmo II il Buono. Alle vicende storiche dei tempi che seguirono Bisacquino non fu mai estranea e le dominazioni Sveve, Angioine, Aragonesi, segnarono la vita del paese. Sotto Federico II di Svevia partecipò all'espugnazione delle città di Entella e Jato. Diede anche il suo valido contributo ai Vespri Siciliani, tendenti a scuotere la "mala signoria" di Carlo d'Angiò Nel secolo XII il territorio di Bisacquino divenne dominio dei baroni normanni e venne ceduto da Guglielmo II il Buono all'Arcivescovo di Monreale che, come signore feudale, ne ebbe la giurisdizione temporale che manterrà per seicento anni Nei secoli successivi Bisacquino seguì le sorti dell'Arcivescovado di Monreale e partecipò agli avvenimenti storici dell'epoca che videro in Sicilia protagonisti Angioini e Aragonesi, dando il suo contributo ai Vespri Siciliani. La giurisdizione dell'Arcivescovo di Monreale, che durò fino al 1812, fu fondamentale nella storia di Bisacquino perché grazie ad essa il paese poté godere di benefici e privilegi, raggiungendo il suo massimo splendore nel 1500. Nel secolo XVI il paese contava più di tremila abitanti e vantava nobili famiglie quali i Florena, gli Ambona, i La Placa, gli Almerici, che sopravvivono come ricordo nei toponimi del paese e nelle vestigia testimonianti un insigne passato. Inoltre Bisacquino diventò così illustre da essere chiamata Nobilis Universitas nei diplomi dell'epoca. Dal 1500 in poi, la storia di Bisacquino è più documentata e si intreccia con lo sviluppo sociale, economico e religioso del paese; si apprende così che quella di Bisacquino è una società abbastanza organizzata, retta da un governatore, quattro giurati e un tesoriere, affiancati da altre autorità nella regolamentazione della vita sociale ed economica. Essa inoltre si caratterizza per la sua laboriosità e religiosità. Non a caso cominciano a sorgere chiese e conventi, legati anche alla presenza di diversi ordini religiosi: benedettini, carmelitani, francescani, teresiani, gesuiti... Nel 1664 iniziò anche la costruzione del Santuario della Madonna del Balzo destinato a diventare meta di pellegrinaggio fino ai nostri giorni. Dai "riveli" (censimenti) del 1700 emerge che sono presenti nel territorio ben sedici chiese, corrispondenti a sedici quartieri, per la maggior parte denominati dal nome della chiesa compresa nel loro territorio. Gli abitanti del quartiere conducono una vita centrata sulla casa, la bottega, la campagna, la Chiesa. Il secolo XIX è foriero di avvenimenti importanti nella storia di Bisacquino. L'anno 1812 determina l'avvento dei Borboni nell'Italia meridionale; il paese pertanto cessa di essere feudo di Monreale, passa sotto il governo borbonico, cambia lo stemma da un stella a sei punte sormontata da una corona in quello di un'aquila che porta sul petto uno scudo, al centro del quale è una fontana zampillante acqua; inoltre, il nome del paese da "Busacchinu" diventa "Bisacquino". Nel 1837 lo scoppio del colera, nel giro di pochi mesi, porta alla morte seicento bisacquinesi. Nel 1860, il passaggio del colonnello Orsini, diretto ad Agrigento, al seguito dell'esercito di Garibaldi, entusiasmò talmente i giovani bisacquinesi che alcuni di essi vi si arruolarono, contribuendo alla cacciata dei Borboni dalla Sicilia, in seguito alla quale si realizzò l'unificazione italiana sotto la monarchia dei Savoia. Una via Orsini nel paese ci ricorda ancora oggi di quel passaggio. Nel 1866, lo Stato italiano, per controversie sorte con lo Stato pontificio, decreta l'abolizione e la confisca dei beni della Chiesa. A Bisacquino furono colpiti da questa legge la Collegiata della Matrice, la chiesa di S. Nicolò e la Badia, i conventi di S. Caterina, del Carmine e dei Cappuccini, i beni dei quali furono posti in vendita al miglior offerente. I contadini non poterono acquistare le terre confiscate alla Chiesa perché di esse si impadronirono pochi ricchi borghesi, che diventarono latifondisti, facendosi riconoscere anche dalla monarchia sabauda un titolo nobiliare (baroni); essi facevano coltivare i loro latifondi ai contadini, la cui vita continuò ad essere dura per l'imposizione di gravosi contratti. Ciò mostra come la speranza che l'unificazione d'Italia potesse migliorare le condizioni economiche e sociali delle classi più povere fu delusa in tutta l'isola. Il malcontento sfociò nell'organizzazione delle leghe contadine, dette "fasci", che - con manifestazioni di massa - chiedevano una più equa distribuzione delle terre; queste richieste, però, finirono nel sangue per la mancanza di sensibilità della classe politica nazionale. A Bisacquino i capi dei fasci erano Don Nunzio Giaimo e Vito Cascioferro, i quali organizzarono l'occupazione di alcuni feudi da parte dei contadini, la sospensione dei lavori agricoli e manifestazioni di protesta minacciosa contro il sindaco e l'amministrazione. L'esito di queste vicende e il perdurare della povertà tra il popolo furono all'origine della massiccia emigrazione verso il continente americano verificatasi tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900. Parecchie famiglie bisacquinesi, tra cui anche quella di Frank Capra, il famoso regista italo-americano, cercarono fortuna in quel Paese. Momenti difficili per la popolazione furono anche quelli relativi alle due Guerre Mondiali; pure Bisacquino pagò il suo contributo in vite umane: ottantotto furono i morti della Prima Guerra Mondiale, circa una quindicina quelli della Seconda. La fine della guerra e la nascita della Repubblica fecero sperare ancora un volta in un miglioramento delle condizioni economico-sociali della Sicilia, ma la speranza andò delusa anche per il perverso intreccio tra mafia e politica: ancora una volta, per tanti bisacquinesi, come per molti meridionali, l'unica via di riscatto dalla miseria restò l'emigrazione, questa volta soprattutto verso il Nord d'Italia e i Paesi Europei, con la speranza di un allontanamento temporaneo che il passare del tempo ha dimostrato definitivo. Oggi la popolazione bisacquinese, dai diecimila abitanti del 1910 è ridotta alla metà. L'augurio è che non si riduca ulteriormente a causa della perdurante disoccupazione che affligge l'Italia meridionale. * tratto da www.wikipedia.org

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