LE TRADIZIONI - III^ Parte -
LE TRADIZIONI - III^ Parte -
tratto da GIORNI VISSUTI COME SE FOSSERO ANNI di Liborio Guccione, giornalista e scrittore aliese, che ambienta tale sua opera nel paese natìo degli anni ’30 -’40.
Per la gentile concessione alla divulgazione telematica del libro, si ringraziano sia gli Eredi dell’Autore sia l’Amministrazione comunale di Alia, che nel 1997 ne ha curato la prima edizione.
Il carnevale
Di una di quelle serate ho un vago ricordo, unica occasione avuta nella mia vita di prendere parte ad una serata di carnevale. Vi partecipai come testimone muto e quasi nascosto perché non era certo la mia età conforme a simili feste "peccaminose", adatte solo ai grandi. Complice di quella mia clandestina partecipazione mia sorella Mary che era stata invitata dai fratelli di mia madre, Pietro e Nino, ospiti di zio Gabriele i cui figli, entrambi medici, avevano organizzato la serata. lo riuscii a carpire l'entusiasmo di mia sorella e il grande affetto che lei nutriva per me, per strapparle il consenso a farmi partecipare; con la solenne promessa che non avrei fatto nemmeno scorgere la mia presenza, che me ne sarei stato buono a fare compagnia alla zia Filippina, madre dei due giovani medici, che poverina era costretta a stare su una carrozzella a rotelle perché affetta da grave infermità. La casa di zio Gabriele era situata in una strada ai piedi "di lu cuozzu", una strada che moriva poi proprio sopra l'abbeveratoio che, come si sa, era sulla strada ai cui piedi precipita quell' ombelico del ventre di terra chiamato "parco".
Anche nelle case dei contadini, dei burgisi si ballava, al suono di chitarre e mandolini (due strumenti che all'epoca molti sapevano magistralmente, suonare) e si trascorrevano lietamente le ore delle notti di carnevale. Gli invitati, vestiti con gli abiti migliori, seduti nella stanza della festa, lungo i muri come fossero incollati alle pareti, venivano intrattenuti con offerte di buon vino e, ogni tanto, tra una mazurca e una polka, mentre i suonatori si riposavano, i padroni di casa passavano con le guantiere piene di dolci e, soprattutto, di ceci, fave e mandorle "caliati". Sorridenti e spensierati, si scambiavano allegramente risate e lazzi. Sì, erano meno fastose quelle serate dei contadini, ma la gente si divertiva con generosità, pari alla loro semplicità. Le note aleggiate dagli strumenti si spegnevano più presto che nelle dimore dei benestanti; non duravano sino all' alba: a quell' ora i contadini erano già sui campi a lavorare.
Ricchezza e miseria convivevano senza sfidarsi: ciascuno si muoveva nel proprio ambito, secondo le proprie tradizioni, secondo i propri costumi e, naturalmente, secondo i propri mezzi.