LA STORIA DENTRO IL MIRACOLO La lastra di pietra con il graffito di Maria Odigitria (= che indica la Via, Cristo) è a Lercara dal 1807, anno del miracoloso ritrovamento da parte dell'undi">

Radici & Civiltà

CARUSO DANILO CARUSO DANILO Pubblicato il 05/08/2008
<b>LA STORIA DENTRO IL MIRACOLO</b>

LA STORIA DENTRO IL MIRACOLO

da "Danilo Caruso / LA MADONNA DI COSTANTINOPOLI A LERCARA FRIDDI - DALL'ICONA ALLA CHIESA”


La lastra di pietra con il graffito di Maria Odigitria (= che indica la Via, Cristo) è a Lercara dal 1807, anno del miracoloso ritrovamento da parte dell'undicenne Oliva Baccarella, oggetto di grande venerazione.

Chi originariamente ci dà notizia stabile della scoperta di Oliva è il manoscritto di Marcello Furitano (1829-92), che ha attinto indubbiamente alle per lui recenti tradizioni orali. Il racconto ci dice che l'icona è stata trovata nel torrente degli oleandri: questa sepolta al massimo per 73 anni nel letto di un canale, ha avuto un edotto committente e con buona probabilità è credibile che sin dal 1734 (data della sua fattura) fosse legata a Lercara, tanto da immaginare che costui fosse in quel periodo in paese. Conosciamo chi ha realizzato - e quando - l'immagine perché c'è scritto sopra: Mercurio Ricotta.

A Lercara il culto di santi orientali, dopo i miei studi sulle chiese riconducibili all'orma dei Lercari, è un fenomeno che non stupisce più. L'humus su cui si poteva sovrapporre la devozione alla Madonna di Costantinopoli nel '700 è questo, ed il nostro graffito poteva stare tranquillamente in una di quelle chiese (san Gregorio Taumaturgo, sant'Anna, san Gregorio Patriarca d'Armenia).
Niente di strano che da detti edifici, diroccati ed abbandonati, qualche piccolo arredo sacro andasse perduto (pensiamo al salvataggio in extremis dei dipinti posti in queste chiese): l'immagine al nostro esame sembra in più incisa su un concio di costruzione (andato in rovina e verosimilmente buttato via?).

I Lercari fondatori di Lercara Friddi'>Lercara Friddi, famiglia genovese provenuta dall'Armenia, sono il canale di collegamento della tradizione orientale grazie alle chiese in precedenza menzionate. Dei monaci basiliani furono nel 1308-1650 a Genova tenendo in principio la chiesa di san Bartolomeo degli Armeni: questi erano esuli, come i Lercari, a causa dell' invasione turca dall'Armenia, regione che fu nella sfera d'influenza bizantina. La tradizione vuole che coloro che nel 733 portarono la primigenia immagine di Maria Santissima di Costantinopoli a Bari furono proprio dei basiliani.

La nostra rappresentazione di Maria Santissima con in braccio Gesù Bambino sotto un baldacchino è molto probabilmente riproposizione del tema del corteo processionale che vedrebbe appunto sotto un baldacchino l’icona costantinopolitana. Questa specificità, che del resto de facto si attualizza ogni 20 agosto, è indice di un diretto legame, anche se mediato, con la radice originaria bizantina.

È molto verosimile che il graffito lercarese - che è del 1734 - sia stato commissionato da un rettore di una di queste tre chiese nell'anno millenario (1733) dall’arrivo in Puglia del ritratto che si attribuiva all'evangelista san Luca. Non escludo che questo graffito potesse riprodurre la scena di un dipinto coevo all' epoca dei Lercari: di tre tele lercaresi dello Zoppo di Gangi, oggi non più esistenti ignoriamo i soggetti.

Nell'archivio parrocchiale di Lercara non esistono memorie che parlano di Oliva Baccarella e di quel 1807 – si dice che ve ne fosse stata una (scomparsa) sulla benedizione delle campane della chiesa della Madonna di Costantinopoli.
Le chiese a Lercara scomparse nel tempo sono quattro:
1) san Gregorio I o II, patriarca d’Armenia (edificata da Leonello Lercaro tra il 1573 ed il 1580;2)Madonna del Rosario (edificata da Baldassare Gomez de Amezcua tra il 1595 ed il 1604); 3)sant’Anna (edificata da Francesca Lercaro tra il 1605 ed il 1610); 4) san Gregorio Taumaturgo (edificata da Raffaella Lercaro de Amezcua tra il 1627 ed il 1640 / san Nicolò (comparsa tra il 1740 ed il 1747) / san Gregorio Taumaturgo “lo Novo” (comparsa prima del 1811).
Mi pare ritenere verosimile l'ipotesi che le chiese 1), 3) e 4), ricondotte dalle mie analisi all'impronta dei Lercari, (portatori della religiosità cristiano-orientale potessero essere probabilmente cattoliche di rito greco (e non latino). E’ lecito pensare che i Lercari fossero di rito bizantino (armeno?) dato che Francesca Lercaro sposò il barone de Amezcua secondo tale formula: questo aspetto apparentemente accidentale è sotto questo profilo, molto significativo perché ci suggerisce quella che doveva essere una loro tradizione familiare, che, dopo il mio studio sulla loro famiglia (dalle origini armene alla fondazione di Lercara Friddi'>Lercara Friddi) è apparsa per più versi legata alla Cristianità d'oriente. Possono dunque esserci state a Lercara tre chiese di rito greco (senza che la cosa possa stupire), il cui abbandono forse indicherebbe patentemente nella loro specificità rituale la causa del fenomeno.

La superficie della lastra di pietra al nostro esame si presenta scabra e non levigata, addirittura all’incirca nella sua metà orizzontale un leggero solco l’attraversa. Il graffito è impercettibile (escludendo la scritta). Questo spiega il perché della sovrapposizione di una pittura. Il graffito in origine doveva presumibilmente essere stato un lavoro molto raffinato, e di una certa fragilità; la quale negli anni, dopo la sua possibile perdita dal patrimonio della chiesa in cui si poteva trovare – essendo questo esposto all’incuria -, causò un processo di progressivo deterioramento che richiese successivamente il restauro creativo di Giacomo Marchiolo alla fine dell’Ottocento.

L’icona reca la scritta del titolo della Madonna in volgare per rendere comprensibile l’immagine come in un altare per i fedeli.

Partendo dal principio che a Lercara nel ‘700 il concetto dell’Odigitria fosse troppo raffinato per essere stato espresso da un popolano, ho ritenuto nella ricerca del possibile committente dell’icona che costui fosse strettamente legato alla religione cattolica di rito greco. Ho ricercato l’onomastica delle famiglie appartenenti ai gruppi greco albanesi in Sicilia ed ho condotto un raffronto con quelle della popolazione lercarese tra la fine del ‘600 e la prima metà del ‘700.

Gli Albanesi erano stati profughi a partire dal ‘400 in seguito all’invasione della propria patria da parte dei Turchi Ottomani e si erano stabiliti nei seguenti centri: Piana degli Albanesi, Contessa Entellina, Mezzojuso, Palazzo Adriano, Santa Cristina Gela nell’attuale provincia di Palermo e San Michele di Ganzarìa in quella di Catania. Le conclusioni emerse da questo raffronto da me operato dimostrano una più che probabile immigrazione da quasi tutte le colonie albanesi, le quali seguivano tradizionalmente il patrio rito greco. Per cui l’idea di tale rito a Lercara, nata come intuizione, si riveste di una forma maggiormente sostanziale. Questa colonia formatasi a Lercara credibilmente potè essere attratta in modo determinante dall’elemento orientaleggiante delle chiese di cui ho parlato, conditio sine qua non è facilmente giustificabile. La reviviscenza bizantina testimoniata dalla fase della Chiesa di san Nicolò porterebbe a queste famiglie ed ad eventuali altri pertinenti soggetti (cattolici di rito greco, emigrati da paesi dell’odierna diocesi greco-cattolica in Sicilia e loro discendenti).

Nella prima metà del ‘700 il 7% circa dei Lercaresi (118 unità, 41 famiglie) poteva essere di rito bizantino. Il senso della commissione di questo graffito a Mercurio Ricotta, a prescindere da una precisa individuazione dell’autore, starebbe nella fruizione dell’immagine, fruizione come momento di richiamo religioso ma anche come strumento d’identificazione culturale dei membri di un insieme, il che renderebbe pure comprensibile la comparsa di quest’opera d’arte sacra nel 1734 a Lercara Friddi'>Lercara Friddi. L’esserci specificato chiaramente il non per noi comune titolo della Madonna, che è raffigurata nel graffito, mostrerebbe queste funzioni semiotiche accanto alla rievocazione che questo disegno farebbe dell’idea di una processione a Costantinopoli sotto un baldacchino della tela dell’Odigitria oggi barese.

Tutti gli elementi di sfondo emersi dietro all’evento che vede nell’agosto del 1807 al suo centro l’undicenne, e quasi sicuramente analfabeta (come del resto quasi tutti i popolani lercaresi in un’epoca di profonda miseria), Oliva Baccarella, mi fanno ritenere credibile la tesi cui l’arciprete Petta (1736-1820; di origine greco-albanese) coi suoi eventuali collaboratori abbia potuto promuovere il locale culto alla Madonna di Costantinopoli: Non posso esprimere giudizi sulla quaestio de supernaturalitate nel ritrovamento dell’icona perché non è competenza della storia, ma della Santa Chiesa con un proprio procedimento ed una propria sentenza: la tradizione parla di miracolo e si può accettare.


Danilo Caruso


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