IL QUARTIERE “ZEN” DI PALERMO
nella tesi di laurea in Scienze del servizio sociale della dott.ssa Elisabetta Schillaci, conseguita nel 2007 presso LUMSA (Libera Università Maria SS. Assunta) di Palermo

Radici & Civiltà

SCHILLACI ELISABETTA SCHILLACI ELISABETTA Pubblicato il 31/12/2007
<b>IL QUARTIERE “ZEN” DI PALERMO</b>

IL QUARTIERE “ZEN” DI PALERMO

nella tesi di laurea in Scienze del servizio sociale della dott.ssa Elisabetta Schillaci, conseguita nel 2007 presso LUMSA (Libera Università Maria SS. Assunta) di Palermo, Relatore prof. Giovanni Silvestri.

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Titolo originale dell’indagine



Viaggio nel quartiere Zen: dall’emarginazione alla valorizzazione.


Indice


• Introduzione


• Alla scoperta del quartiere ZEN.

( Evoluzione storica del quartiere; Lettura del territorio: fattori socio culturali, economici e strutturali; Tabelle e riflessione sui dati raccolti)


• Integrazione dei servizi nel quartiere ZEN.

(Forme di integrazione: azioni fra i servizi; I servizi presenti; Area servizi comunali; Area servizi giudiziari; Area servizi del Privato Sociale; Area servizi sanitari; Area servizi scolastici)


• Valorizzazione e riqualificazione del quartiere.

(Iniziative e progetti che hanno valorizzato il Quartiere; Ipotesi di intervento e proposte operative)


• Conclusioni.


• Bibliografia.


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PARTE PRIMA


(...) Negli anni 70' e 80' agli occhi dell'opinione pubblica nazionale il quartiere ZEN (Zona Espansione Nord) di Palermo diveniva simbolo di degrado urbano, per il gran parlare che intorno ad esso si era fatto in questi ultimi anni e per la presenza continua delle sue vicende di cronaca e nelle inchieste giornalistiche di tipo sociologico. Quest'ultime costituiscono l'immagine più diffusa dei quartieri periferici palermitani, che fanno da sfondo, dove ci sono ragazzini tra montagnole di immondizie, macchine abbandonate e bruciate, ecc. Le varie denunzie fatte sul degrado ambientale dello ZEN, sono state chiaramente strumentali, inoltre, non vengono mai spiegate le cause di questo degrado o si valorizza il senso geografico della zona.

Le domande che la scrivente si pone sono le seguenti: perché la vicenda abitativa dello ZEN è diventata emblematica di tutte le altre vicende nazionali di degrado dell'edilizia popolare?

Quali sono state le cause che hanno fatto conquistare allo ZEN di Palermo quest'amaro primato di quartiere in cui tutti i malesseri delle grandi metropoli moderne si trovano accentrati?

Quali fattori e iniziative possono valorizzare il quartiere?

La scrivente ha sperimentato che il degrado sociale è una conseguenza del degrado architettonico poiché le Insule di cemento in particolare quelle che costituiscono lo ZEN 2 progettate dall'architetto Gregotti, sono state progettate e realizzate con lo scopo di creare punti di socializzazione, aggregazione, sono diventate invece un luogo di emarginazione come previsto dal sociologo Masini nel 1985.

L'emarginazione tende all'autoisolamento e nella gran parte dei casi lo stato di marginalità non è mai subìto ma è voluto dai soggetti più deboli. Si mostra sotto le sembianze dell'autoisolamento, dell'adesione volontaria a norme e regole diversi da quelli vigenti. Pertanto, il processo di emarginazione sociale incide in modo rilevante sulla condizione esistenziale dell'individuo, in quanto lo < etichetta> in maniera e lo esclude dalla possibilità di essere alla pari agli altri.

La stessa ha notato che la maggior parte dei residenti si sentono etichettati dal resto della società proprio perché abitano nel quartiere. Certo è che è forte il desiderio di parlarne, di raccontarlo in giro. Chi parla di Zen si riferisce ad una realtà in cui, è vero, il disagio e l'emarginazione regnano sovrane ma non ci sono dubbi che a determinare una situazione di estrema confusione è la condizione abitativa. In un incontro, nell'ottobre del '96, Prefettura, Iacp, Amministrazione comunale, Amap ed Enel riuscirono a discutere insieme. Si cercarono soluzioni adeguate alle esigenze, ma è un po' il cosiddetto "cane che si morde la coda", visto che lo Iacp può procedere all'auspicata assegnazione delle case solo se il Comune ne certifica l'abitabilità. E tutto questo può avvenire solo se risulta a posto la situazione riguardante la rete fognaria e la fornitura dell'acqua e della luce.

L'ottica è, quindi, quella di regolarizzare tutte le posizioni degli abitanti che, dal canto loro, vorrebbero sentirsi supportati dalle istituzioni. Al contempo, però, coloro i quali hanno deciso di stabilirsi nel quartiere dovrebbero capire che, per essere considerati al pari di tutti gli altri cittadini, devono assolvere anche ai doveri, pagando quanto spetta loro. Il diritto di cittadinanza passa, infatti, attraverso la cultura alla legalità, cioè attraverso il rispetto delle regole della convivenza civile.

Spesso si vedono bambini che imparano a vivere per strada ed a cavarsela da soli da piccolissimi, che sono letteralmente privati della loro infanzia, motivo per cui tendono ad emarginarsi dal resto della collettività. Sembra che queste situazioni non sono degne dell'interesse del potere politico che ha deciso di privarli di tutte le opportunità. Queste sono ingiustizie sociali che non possono essere taciute e che sono in grado di scrollarci, in qualche modo, dal sonno in cui siamo sommersi. Nonostante il degrado socio-ambientale presente nel quartiere, c'è un mondo inaspettato, ricco d'energie e potenzialità, che, troppo spesso, purtroppo è oscurato dal pregiudizio e che dovrebbe ricevere piena realizzazione e valorizzazione. Motivo per cui è stato scelto il titolo di questa tesi. Per tentare di rispondere alle domande che la scrivente si pone, è sembrato opportuno inserire nella seguente tesi, un breve excursus cronologico sulle origini, rilevando alcuni dati raccolti nel 2000 relativi ai bisogni specifici sui minori, adolescenti e giovani, adulti e famiglie . Successivamente, la scrivente ha analizzato l'aspetto riguardante le risorse, ovvero, dell'integrazione dei servizi nel quartiere. Infine, sono proposte alcune ipotesi d'intervento volti alla valorizzazione e riqualificazione del quartiere.

Lo ZEN 2, invece, edificato alla fine degli anni 70, è stato occupato per molti anni da zingari Rom, che solo in questi ultimi anni si sono trasferiti ai margini del Parco della Favorita. Inoltre, lo ZEN 2 è caratterizzato da una condizione abitativa in cui predomina tutt'oggi l'abusivismo, a differenza dello ZEN 1 che si presenta quasi tutto assegnato regolarmente. Il successivo cambio del nome in "San Filippo Neri" non ha determinato un reale cambiamento nell'originaria suddivisione delle due aree, ZEN 1 e ZEN 2, che ad oggi risultano, seppur confinanti, ancora sostanzialmente diversificate per quanto concerne la tipologia dei residenti, l'edilizia urbana, la diffusione delle attività commerciali e dei servizi territoriali.

Lo ZEN 1 è costituito da palazzi d'edilizia popolare assai elevati. La vita sociale e commerciale di questa sub-area si sviluppa quasi totalmente intorno alla piazza principale, di fronte la parrocchia "San Filippo Neri". Assai diversa appare, invece, la situazione dello ZEN 2, nato dal progetto dell'architetto Gregotti che intendeva ricostruire l'ambiente del centro storico con i suoi vicoli e i suoi cortili. Ne è derivato, però, un insieme di padiglioni, detti "insulae" tutti uguali e anonimi che, invece di favorire la socializzazione e i rapporti di buon vicinato, hanno creato a volte divisione e separazione.

E' necessario sottolineare che l'aspetto strategico della fase progettuale fu, per gli architetti incaricati, proprio la scelta dell'insula come unità costitutiva del quartiere ZEN 2.

Ciascun insula (sono 18 in totale) è costituita da 4 corpi in linea di 3 piani di alloggi degradanti chiusi da 2 torri, che sopravanzano di altri 3 piani i corpi in linea. L'insula al piano terreno è fornita di parcheggi, di porticati e di spazi chiusi, che dovevano essere destinati ai servizi collettivi come: sale da gioco e per riunioni, botteghe artigiane, negozi, asili nido dotati di propri spazi di verde e di gioco.

L'idea dei progettisti era realizzare queste strutture del piano terreno per favorire la socializzazione; invece, gli inquilini, hanno chiuso, con cancelli ed altri mezzi, tutti gli spazi aperti, per evitare che questi divenissero, come in effetti era già accaduto, luogo di scarico di immondizie o rifugio di drogati e barboni. Gli stessi residenti con il tempo, hanno reso impermeabile la vita della loro insula rispetto al resto del quartiere.

Pertanto, un fattore negativo che si è venuto a creare è quello della concezione degli spazi che inizialmente erano stati concepiti ad uso collettivo, secondo gli intenti progettuali, ma che in realtà non svolgono affatto questa funzione.

Questa conseguenza era stata prevista dal sociologo Masini, il quale sosteneva che nel giro di breve tempo questo mostro di cemento armato si trasformerà in un pericoloso serbatoio di devianze comportamentali. La struttura delle insulae, teoricamente destinata alla socializzazione ed alla riproduzione di rapporti di vicinato, si mostrerà come sede ideale per l'innesco di conflitti tra gli abitanti dei vari edifici. Ciascun edificio diverrà sottoclan in aperta contrapposizione con gli altri. Le abitazioni composte da blocchi di cemento armato sono stati costruiti in serie senza tener presente che le famiglie e le persone destinate ad abitarvi, alle loro necessità, facendo solo riferimento a modelli architettonici e urbanistici.

Non si è pensato che l'ambiente fisico è di vitale importanza per la realizzazione delle persone e che un ambiente così concepito pone l'uomo in un atteggiamento di difesa e non vera comunicazione.

Venendo ad abitare in questi quartieri, la popolazione, ha pagato la conquista dell'alloggio del quale aveva bisogno al prezzo della perdita della propria identità. Da un punto di vista strettamente sociale si può notare che lo ZEN 2 è composto da genitori molto giovani con figli piccoli, perché la maggior parte degli abusivi che hanno occupato questi alloggi alla fine degli anni 80' sono i figli dei vecchi assegnatari dello ZEN 1. Infatti, quest'ultimo è abitato da persone in media di mezza età o anziane.

Occorre, in ogni caso, segnalare che il fenomeno dell'abusivismo si è diffuso ancora prima che fossero ultimate le opere d'edilizia urbana. Ciò ha reso impossibile il completamento della rete fognaria, idrica ed elettrica, compresa l'illuminazione pubblica, ancora in fase d'ultimazione; inoltre le strade sono state asfaltate solo negli ultimi anni.

Gli abusivi hanno occupato le insulae senza che esistessero gli allacciamenti per l'acqua, per le fognature, per la luce, per il gas, ecc.

Nel tempo i residenti organizzandosi tra di loro, hanno risistemato l'area pedonale ad uso collettivo, l'hanno dotata di illuminazione, di verde, di servizi per la pulizia e recinzione.


Elisabetta Schillaci

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Nota del Coordinatore: Per motivi di elaborazione editoriale di questa rubrìca e con il consenso dell’Autrice, sono stati omessi i riferimenti bibliografici presenti sia nelle note a piè pagina sia nell’appendice del testo originale.


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