Signori, in carrozza! - in un trenino di corda -
- in un treno di corda -
Mai come in questo caso possiamo dire che la realtà nutre la fantasia e finisce con l'ispirare anche la mente e la creatività vivace dei bambini, diventandone compagna di giochi. Siamo nel 1878, quando un grande evento si verifica all’interno della comunità aliese, segno di progresso e di civilizzazione; la fondazione della ferrovia e l'arrivo di quella macchina dal fascino intramontabile ma dal sapore antico che è il treno.
Anzi, sarebbe più corretto dire, pec quei tempi, la locomotiva a carbone.
Vi chiederete cosa c'entra tutto questo con la nostra consueta rubrica, se non fosse per un particolare assolutamente non trascurabiIe: un’intera generazione di bambini, sia di ieri che di oggi, è stata sempre affascinata dalla figura e dal movimento di quella macchina fumante che appariva agli occhi come qualcosa di avveniristico. Forse quello che potrebbe essere, per i nostri bambini, un disco volante spaziale.
L'arrivo della ferrovia, dicevamo, fu per Alia e dintorni un vero e proprio evento: i signori Avelloni, benestanti di Roccapalumba ' Title='Comune di Roccapalumba '> Roccapalumba , allora riuscirono ad aggiudicarsi l'attuale collocazione della rete ferroviaria nella zona " Roccapalumba ' Title='Comune di Roccapalumba '> Roccapalumba -Alia". Nelle intenzioni originarie, infatti. la stazione ferroviaria doveva sorgere nella zona del "Màrcato" . Mentre il nostro cavaliere Gioacchino Guccione, quasi per compensare tale " sconfitta", fece costruire la strada di comunicazione tra Montemaggiore e Alia.
Così, anche se sommariamente raccontato, andarono i fatti a detta dei nostri "narratori", in quel lontano 1878. E questi stessi narratori oggi sorridono con tenerezza guardando i loro nipoti giocare con le avanzate costruzioni "lego" e con quelle immense piste telecomandate sulle quali corre veloce sempre un treno. L' oggetto è lo stesso, ricco di fascino ancora oggi, ma le modalità molto differenti.
Allora, negli anni '20-'30, quando ci si incontrava per strada, soprattutto i pomeriggi d'estate, era facile radunare i bambini del quartiere e formare, tutti in fila, un bellissimo treno "umano", fatto di voci e movimenti che oggi, diciamolo sinceramente, sarebbe difficile ritrovare. Anche perché, scusate la parentesi "sociologica" , la bassa natalità colpisce pure i nostri paesi, le strade sono quasi deserte in molti quartieri e ai numerosi anziani non corrispondono altrettanti nuovi pargoli... .
Ma quali erano i "pezzi" di questo treno fantastico? Nella versione più semplice, i bambini appoggiavano le mani sulle spalle del compagno d'innanzi e dirigevano il mezzo "naturalmente". Oppure, ancora, in una versione più arricchita, il primo e l'ultimo si annodavano una corda ai lati dei fianchi e tirandole da un capo all'altro formavano una sorta di "vagone" dentro il quale sarebbero entrati i passeggeri in attesa nelle varie stazioni. Talora, inoltre, per costruire una carrozza di lusso, di prima classe, si aggiungevano delle assi di legno, a mo' di sedili, per rendere il viaggio più confortevole.
Così, il cosiddetto "capu curdata" o capo treno, quello che stava davanti, guidava questo serpentone snodandosi per le strade e le piazze del paese. Ed era tutto un rumorio di "ciuff.. ciuff"…, di fischi e fermate in stazioni immaginarie, mentre nella mente riecheggiava il suono del "vero" treno, quello che pochi avevano visto e tutti fremevano di conoscere.
Alcuni ricordano con quale emozione, per la prima volta, all'età di 12 anni, sono scesi alla stazione per accompagnare il papà a comprare il carbone che allora arrivava da Palermo. Altri ebbero la fortuna di salirvi sù perché ogni tanto, con i genitori, si andava in città e, finalmente, si potevano mangiare i gelati... senza dovere aspettare la festa della Madonna. Ma tutti, comunque, nei loro giochi di infanzia, ricordano ancora oggi questo lungo treno di bambini, tra la realtà e la fantasia, che gridavano: " Signori, in carrozza, si parte! ".
- di Georgia Bova
- pubblicato in " La VOCE della Mamma " di Alia, nr.3/98, pag.13
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