Gavino Ledda: Da Padre Padrone alla Tuttiversità

Radici & Civiltà

FANTASIA ANTONIO FANTASIA ANTONIO Pubblicato il 18/03/2006
<b>Gavino Ledda: Da Padre Padrone alla Tuttiversità</b>

Gavino Ledda: Da Padre Padrone alla Tuttiversità


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Intervista di Luciano Minerva


Prima di essere uno scrittore, lei scrive, "sono stato un animale spontaneo", e questo ha inciso poi sull'essere scrittore...

Ma certamente, perché spontaneo cosa vuol dire? Vuol dire 'svelante’...no,...sorgente, sorgente nel senso del participio presente del verbo sorgere, uno che sorge, 'fontaneo, che è un sinonimo.....E quindi è espressione in tutti i sensi , questo vuol dire spontaneo..

.Come venne fuori il titolo "Padre padrone": lo propose lei o glielo proposero?

No, no. Non l'ho proposto né io né nessuno. È nato nella scrittura. È venuto fuori mentre chiamavo il cane, in un dialogo che si può rincorrere in "Padre padrone", Cioè...veniva mio padre e il cane mi ha detto “...sta venendo il padrone, il nostro padrone”. Alla fine di questo dialogo era nato già "Padre padrone". Però è stato provvidenziale il fatto che non l'abbia saputo prima di finire il libro. Perché questa successione è venuta alla fine. Queste due parole sono inseminate, disseminate nel libro, così, senza avere focalizzato bene questo concetto, perché un animale quando tu lo nomini, un bue, un cane, un cavallo, è lì che si deve cercare il nome. In base ad un'abitudine che lui contrae o viceversa.

Però questo titolo poi è entrato nella lingua italiana come espressione...

Nella mente dell'uomo, se è per questo, perché anche in tedesco, o in francese, o in altre lingue, diciamo, questo sintagma, questa associazione viene addirittura detta in italiano.

Questo titolo ha inciso sul modo di leggere sia il libro che il film, che lei in qualche modo non riconosce come la sua storia. E oggi, dopo molti anni, dice che si può rileggerlo, in altro modo, con il bambino più protagonista, con Gavino più protagonista di quanto non fosse Abramo.

Diciamo che Gavino Ledda deve riscrivere, far rinascere questo libro, mettendo in evidenza ancora di più il fanciullo. E questo è il compito di cui mi assumo, appunto, lo svolgimento. È quello che sto facendo. E tante altre cose, "il tempo del minore" per esempio, rispetto alla scansione di un adulto che non è stato mai minore perché non glielo hanno mai permesso, per esempio.

Queste sono considerazioni che io ho potuto maturare nell'arco di venti anni. Sono trent'anni che ho scritto "Padre padrone". E ho girato l'Europa, il mondo, ho visto i pastori del mondo e quindi... i minori del mondo...e allora si tratta praticamente di individuare e mettere in evidenza il tempo del minore e far crescere l'uomo dal minore fino ad arrivare, non al maggiore, ma al massimo.

Certamente passando per il grande, in tutti i gradi dell'aggettivo. Mio padre non è stato mai minore, mio nonno lo stesso e questo perché a sei anni erano vecchi, dovevano essere adulti per mungere, per fare qualsiasi lavoro. Questo bisogna che io metta in evidenza.

Quella scena iniziale che tutti ci ricordiamo in Padre padrone, dove Abramo prende Gavino e lo porta via dalla scuola si può leggere oggi anche in un altro modo: meno male è successo così.

Diciamo che siamo anche figli del caso. Il caso ha voluto che mio padre mi abbia allontanato da questa scuola e immerso, senza saperlo, nella scuola dell'acqua, e così è nato Gavino Ledda. Però se non avessi avuto la salute che ho avuto, la determinazione e i talenti della natura non avrei fatto niente. Sicuramente, con quest'immersione nella natura di Baddevrustana “tuttiversica” posso dire di aver frequentato la tuttiversità della natura, non l'università di Roma. “Università” poi è brutto: uni… uno, un verso solo.

In questo mondo che tende a diventare sempre più unico, che annulla queste differenze, lei dice che l'uomo di cui si tiene conto è solo quello della metropoli. Gli altri vengono come cancellati.

La globalizzazione è l'uccisione della natura in un certo senso. E comunque è l'annientamento della pluralità. Io nell'università non ci voglio stare, voglio stare nella tuttiverisità, perché me lo dicono tutte le molecole del tuttiverso che stanno correndo a settemila chilometri al secondo, la velocità di fuga delle stelle e del tuttiverso. Quindi l'uomo dovrebbe , è molto difficile, rispecchiare o comunque ricreare il tuttiverso dentro il proprio ego. È compito difficilissimo, però è possibile, è quello che sto facendo poeticamente.

Lei, per indicare la prima parte della sua vita, parla di "primo tetrarettangolo" E, nella sua ricerca linguistica, introduce gli avverbi quattrachici, perché questo numero quattro, il tetrarettangolo, perché questa attenzione alla quadridimensionalità?

Nella lingua la parola deve riferire un referente: un agnello, un bue, un cavallo, una zolla, un'erba, un fiore, l'acqua o il fuoco, l'amore, ecco.... ma questa parola, secondo me, non dev'essere solamente una convenzione. E questo a maggior ragione quando siamo lontani un secolo dalla relatività di Einstein. Einstein dice chiaramente che la natura è pluridimensionale.

L'universo si espande in tutte le direzioni, quindi, la natura è pluridimensionale...Anzi per me la natura è...onnidimensionale, totipatente. Allora, io non sono Eraclito, ma forse sono più spietato di Eraclito, e allora...venne fuori : "io devo stare zitto se non trovo una parola capace di inventariare la quarta dimensione" - come minimo, perché Euclide...le dimensioni euclidee, si sa, sono tre, l'altezza, la larghezza, la profondità, ...e va bene, però dentro i corpi c'è anche qualche altra cosa...

C'è il tempo. E allora c'è un'altra dimensione, come minimo, che io devo esprimere: perché ci sono le tre dimensioni euclidee più il tempo, perché parlo di nature vive, non di nature morte. Quindi, quando molti anni fa dicevo tetra-, mi sembrava bello, però poi il poeta diventa italiano, oppure diventa sardo... E tetra non mi andava più bene, perché per quanto bello, era greco, ma se lo posso fare con la mia lingua, è meglio. Così è nato “quattrunque”. Che cosa vuol dire “quattrunque”? è un punto indefinito nel tuttiverso... ,

“tuttiverso”, che è cosa completamente diversa dall'universo...

Certamente. Perché la parola “universo” va uccisa, nel senso che non è mai esistita. E una volta che io constato che non è mai esistita, la metto da parte. Quindi al posto di “universo” devo mettere “tuttiverso”, perché con questa parola mi sto riferendo a tutta la materia del cosmo, a tutta la materia in movimento...quindi è tuttiverso, che è la fase espansiva iniziata 13.000 anni fa.

“Quattrunque” allora non è un neologismo, è proprio la considerazione della mente, che dice: è un punto del tuttiverso, di cui io non ho ancora erogato le coordinate. Allora le posso erogare... Finalmente poi, dopo 20 anni, è nata la lingua...la coscienza pluripatente. Poi dico “patente” da “patere, patens,patentis, quindi...espandere...

Ci troviamo di fronte a un creatore di linguaggio che è passato per l'Accademia della crusca. Come è stato il lavoro con Giacomo Devoto e che tracce ha lasciato?

All’Accademia sono stato un anno grazie alla comprensione umana del prof. Devoto che ha visto in me per primo quello che io sarei dovuto essere e mi ha detto: ‘stai un anno all'accademia, fai quello che vuoi, tu devi studiare e basta’. E così ho fatto. Mi ha certamente insegnato come si fanno le schede, come si fa un vocabolario, mi ha insegnato molto. L'Accademia della crusca è stata importante, però praticamente la maestra di Gavino Ledda è l'idrogeno: io sono il poeta dell'idrogeno.

In che senso?

L'acqua è la maestra, è composta di idrogeno e di ossigeno, ma l'ossigeno non c'era prima, c'era l'idrogeno e l'ossigeno no. Quindi l'idrogeno precede l'acqua di miliardi di anni. Sono colui che può cantare l'idrogeno perché lo conosce molto bene. Naturalmente con l'idrogeno conosco molto bene gli elementi e Aurum Tellus è un poema sugli elementi.


L'accademia della crusca mi ha fatto bene per studiare le metriche, i classici, ma se non avessi avuto la tempra dell'idrogeno non avrei cantato nulla, “quattrunque” non l'avrei mai creato, “tuttiverso” non l'avrei mai detto. Perché non è un neologismo? Perché di neologismo si può parlare quando tu dai alla lingua una parola, io invece mi sono creato un sistema, una ristrutturazione della lingua in una concezione totipatente.

Il risultato è quello di esprimere uno spazio-tempo con le parole, con le parti del discorso accresciute di particelle, linguistiche evidentemente, per fare come ha fatto Einstein con le sue matematiche, che ha potuto esprimere lo spazio-tempo. Einstein ci ha aperto degli orizzonti mai visti e quindi bisogna fare, inventare, creare una lingua che esprima questi orizzonti, e più che una lingua una parola, perché è la parola che fa la lingua.

In questa ricerca lei non si ferma mai…

No, perché questo consente una scrittura sempre diversa, quasi infinita, che anno per anno cambia.

A un certo punto è uscito il libro Aurum Tellus. Cosa voleva dire a quel punto del percorso e perché è un libro bucato?


E’ bucato nel senso che ha un'entrata e un'uscita e quindi una vita. Il tuttiverso è vivo, è pulsante. Metaforicamente ce n'è uno, ma il libro, come oggetto, voleva essere la rappresentazione del tuttiverso in cui le persone drammatiche, gli elementi, praticamente dialogano nei loro dialetti supposti.

Perché oggi sente questo bisogno di riscrivere Padre padrone?


Intanto perché ci sono state volontarie omissioni: ad esempio il tempo del minore, che non avevo concepito è venuto fuori come il titolo Padre padrone, dopo oltre vent'anni di riflessione. Ci sono due facce della civiltà umana, quella pastorale e quella agricola. E sono le due culture dell'umanità. Quindi riscrivere, reinventare, recuperare in toto anche le omissioni, significa scandagliare di più queste civiltà e quindi avere un’Iliade e un'Odissea, se mi è permesso così, che mancano, e forse manca più della stessa Iliade e della stessa Odissea, perché a noi cosa manca?

La pastorizia biologica e l'agricoltura veramente biologica, perché il pane non è più dolce come prima, il latte e il formaggio non sono più buoni come prima, e la carne degli animali non è più saporita come prima, e gli odori dei fiori non sono più profumati come prima e l'ape ne sta soffrendo. E l'ape sono io e la musa non canta bene, ancora.

Nella foto, Gavino Ledda


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