Lu lumi a petroliu

Radici & Civiltà

CONCIALDI RINO CONCIALDI RINO Pubblicato il 05/02/2007
<b>Lu lumi a petroliu</b>

Lu lumi a petroliu





Di certo le nuove generazioni non conoscono questo meraviglioso marchingegno. Al massimo ne hanno sentito solo parlare. È doveroso rimembrarlo a coloro che l' hanno conosciuto per farlo conoscere ai giovani.

Il lume a petrolio era un vero e proprio macchinario. Poteva essere di rame, alluminio e porcellana. Ma anche di vetro finemente decorato, oggi di indubbio ed inestimabile valore.

Il lume era, composto dalle seguenti parti: piedistallo, serbatoio di alloggio del combustibile, ”lu cungiegnu, lu mieccu” ed infine, quando c'èra, il tubo di vetro.

”Lu mieccu”, era una fettuccina di tela inserita ”ni lu cungiegnu”, manovrato da una rotella dentata che ne regolava la lunghezza. Di tanto in tanto lu mieccu doveva essere tagliato: il suo consumo equivaleva a non avere più luce. ”Finì lu mieccu di lu lumi!”

Essendo di rame, il lume veniva lucidato con sabbia prelevata dalla contrada camposanto Vecchio e limone. Quindi veniva lavato e messo ad asciugare al sole. Il lume serviva a dare luce che, seppur fioca, era necessaria per lavorare, studiare e svolgere altre mansioni. Considerato che fino al 1926 non esisteva l'energia elettrica, ‘”u lumi a petroliu” fu l'unica fonte illuminante nelle case ed anche per le strade. Ogni sera passava ”lu lampiunariu”, che munito di ùua lunga canna provvedeva ad accendere i pochi lampioni sistemati in alcune vie, per spegnerli la mattina seguente quando sorgeva il sole.

Attorno al lume a petrolio ruotavano altre inizIative produttive. C' èra chi vendeva il petrolio, chi i lumi, chi i tubi di vetro, facili a rompersi mentre venivano puliti e quando si accendeva ”lu mieccu” ( “lu mieccu troppu luongu facia scattari lu tubu”). E comprare un nuovo tubo di vetro a quei tempi erano dolori! C'èra poi chi aggiustava i lumi e passando per le strade ”abbanniava: Cu sa va conciari lu cungiegnu e lu mieccu di lu lumi. Haiu li tubi”

. Altra figura di spicco da ricordare era il venditore di petrolio: “lu Zi Liburiu”, ma anche la ”Za 'Gnazia” utilizzavano i misurini di latta per vendere dieci, venti, trenta o cinquanta lire di petrolio.

Molte persone che hanno raggiunto un diploma o una laurea hanno passato una vita di studi sui libri, illuminati da questa fonte di luce che si sprigionava dal lume a petrolio. A quei tempi non c'èra di meglio e di certo non mancava la buona volontà. Anche tanta biancheria data in dote veniva finemente ricamata la sera alla luce del lume. Mia mamma mi raccontava quanto sacrificio le era costato fare certi lavoretti all'uncinetto, come per esempio il «cinquecento» e il «quattrocento», alla tenue luce erogata dal lume o dalla candela ad olio. In assenza di energia elettrica sino agli anni sessanta il lume alimentato a petrolio era ancora in uso, cedendo il passo successivamente a quello a gas.
Oggi tanti vecchi e preziosi lumi fanno bella mostra nei salotti e nelle vetrine, ma non tutti sanno che per anni sono serviti ad illuminare le nostre case e preservare la nostra vista.


Rino Conciali


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