Questioni di fede
Recensione del libro di PETER LOUIS BERGER, Questioni di fede. Una professione scettica del cristianesimo, il Mulino, Bologna 2005.
L'ultimo volume di P. L. Berger attualizza i termini di un dibattito riguardante la condizione della fede nella complessa situazione moderna. La problematica, già precedentemente affrontata dal sociologo austriaco - basta ricordare alcuni dei suoi più importanti contributi in questo senso: Il brusio degli angeli (1970), L'imperativo eretico (1987); Una gloria remota. Avere fede nell'epoca del pluralismo (1994) - resta sempre di scottante attualità, tanto perché si vanno accentuando i caratteri della stessa società moderna (la post-modernità deve essere letta in questo senso come ultra-modernità o iper-modernità), quanto per l'opposto e, apparentemente paradossale, persistere e/o risvegliarsi del fenomeno religioso, che appena alcuni decenni fa era semplicisticamente dato per esaurito (eclissi del sacro).
L'atteggiamento scettico è ritenuto preliminare ad ogni atto di fede; più che ostacolo al credere, esso diventa per Berger condizione per una scelta lucida e consapevole del proprio credo: "Il mio ragionamento è scettico perché non presuppone la fede e non si sente vincolato da nessuna delle tradizionali autorità in materia di fede: la Chiesa infallibile, la Scrittura infallibile o un'irresistibile esperienza personale. Nondimeno, il mio ragionamento sfocia in una professione di fede cristiana, per quanto eterodossa" (pp. 7-8). Fedele ai presupposti teorici del costruzionismo sociale e alla metodologia empirica che caratterizza l'approccio sociologico alla realtà, Berger vuole mostrare, in un testo che è anche una sorta di autobiografia spirituale, come la professione di fede non può che farsi oggi necessariamente libera e responsabile, sempre aperta al confronto e al dialogo, come del resto - ecco una stupefacente analogia che deve far riflettere - lo fu all'inizio del cristianesimo quando, in un'agorà aperta, caratterizzata dalla competizione di divinità diverse e da un pluralismo culturale e religioso sorprendentemente simile a quello della nostra società attuale, i cristiani hanno dovuto confrontarsi con le più diverse tradizioni religiose.
Di formazione luterana, benché consideri la casa del protestantesimo liberale quella in cui "l'equilibrio tra scetticismo e affermazione … definisce l'unico modo accettabile di essere cristiano senza uscire dalla modernità" (p. 8), Berger tuttavia non considera il suo testo un manifesto del suo protestantesimo liberale, ribadendo di trovarsi a disagio con tutte le etichette teologiche ed affiliazioni ecclesiastiche. Fedele in ciò alla sua biografia precedente e, comunque, in sintonia con chiunque aderisca alla fede con mente scevra da apriorismi e fondamentalismi; in sintonia anche con la sferzante e ben nota critica kierkegaardiana ad un cristianesimo 'dato per scontato', Berger evidenzia tanto le difficoltà del professare la fede in un'epoca di pluralismo, quanto le opportunità che si offrono al credente per un itinerario di fede che investe la sua libertà profonda ed una scelta esplicita e personale. Nella riflessione che egli compie sui singoli articoli del credo (Simbolo Apostolico) vengono affrontate le questioni più interessanti e più feconde che nascono da un serena e argomentata legittimazione della fede nel nostro tempo e da confronto spassionato con le grandi tradizioni religiose. Un confronto da cui la fede cristiana, tutt'altro che indebolita, ne esce rafforzata in termini di legittimazione critica, rafforzata dall'assunzione metodologica (o professione) di un atteggiamento scettico, non ignaro tuttavia della posta in gioco implicata nella scelta religiosa.
Giovanni Silvestri